Numero chiuso nelle quindici lauree triennali di Ingegneria. Questo l’obiettivo dell’Università di Bologna con un provvedimento che dovrà entrare in vigore dall’anno accademico 2013-2014. E se i singoli corsi di laurea stanno deliberando non senza confronti interni, a favore del numero programmato, ecco fuori in strada, davanti al rettorato di via Zamboni 33 a Bologna scoppia la protesta.
Cartelloni e nasi rosa da maiale, indossati dai manifestanti e attaccati alle vetrate dell’università. Così il sindacato degli universitari di Bologna e l’unione degli universitari Forlì hanno protestato sotto la sede di Palazzo Poggi, contro “il numero chiuso” alle facoltà e “la riduzione degli appelli”. Nel mirino degli studenti, dunque, una “dirigenza che sta letteralmente smantellando i diritti elementari dell’istruzione”.
“Il ‘piano Fiorentini’ è la porcata più subdola mai concepita nella storia della dirigenza Alma Mater” scrivono i manifestanti in una nota, rimarcando che “dal 2010 questa dirigenza ha creato le condizioni per arrivare oggi a decidere autoritariamente di accesso all’università e di didattica”. “Dal 2012 – conclude il comunicato – questa dirigenza ha progressivamente e volontariamente annullato la rappresentanza studentesca e ora, nel 2012, si è guadagnata il via libera per adottare questi provvedimenti”.
“Ci dispiace, ma l’offerta didattica deve fare i conti con le risorse disponibili in termini di docenti, aule e laboratori e se non vengono rispettati i parametri il ministero chiude i corsi” , ha spiegato Pier Paolo Diotallevi, presidente della Scuola di Ingegneria.
Così se gli studenti continuano a bollare la scelta come una involuzione “elitaria e reazionaria dell’università pubblica”, l’università continua a rilanciare sostenendo che solo così si possono salvare i corsi dalla chiusura e che comunque saranno numeri programmati alti: in alcuni corsi sarà messo un tetto massimo di accesso inferiore al numero di immatricolati: a Ingegneria gestionale sarà di 250 (le matricole nel 2012-13 erano circa 300), a civile di 230 (240 le matricole) e a meccanica di 190 (200 i nuovi iscritti).
Per l’Ateneo la colpa è soprattutto dei tagli alle università, del blocco del turn over (dal 2013 al 2016 su dieci docenti che vanno in pensione, le università ne potranno assumere solo tre) e dei severi criteri Anvur dell’era Gelmini che hanno obbligato, ad esempio, la sola facoltà di Ingegneria, dal 2007 al 2011, ha perdere il 23% dei professori.
Anche a Modena e a Parma, l’applicazione di questi criteri ha già portato alla chiusura di alcune triennali. “Con il numero programmato riusciremo a mantenere aperti tutti i corsi, è uno sforzo che non può essere sottovalutato”, spiega il prorettore alla didattica Gianluca Fiorentini: “E’ il massimo che riusciamo a fare a fronte di tagli che hanno un impatto molto rilevante”.