“Senza fondi la Sanità pubblica rischia il collasso” ha affermato il Presidente del Consiglio Monti ieri 27 novembre 2012. Ma a chi compete trovare fondi ed evitare il collasso? A chi è indirizzato il discorso? Ovviamente a se stesso. E allora perché esternarlo tanto platealmente? Si tratta di un’altra gaffe, come quelle del passato sue e della ministro Fornero sul lavoro, disvelatrice di una concezione del mondo elitaria? Sì e no.
Come in altri casi di affermazioni forti poi corrette o parzialmente ritrattate di Monti, si tratta ad un tempo di un ballon d’essai e di un messaggio. Proprio per questa natura della comunicazione governativa, domani ci dovremo vergognare, implicitamente accusati di avere interpretato e frainteso con rozza malizia le parole di un premier al servizio del Paese.
E tuttavia, non è la prima volta che Monti indica la direzione della privatizzazione, dello smantellamento parziale – ma in realtà esiziale – dello stato sociale italiano già fortemente indebolito sotto il duplice effetto del malgoverno e della crisi. Una Sanità che si rivolge sempre più al privato e cittadini che devono assicurarsi privatamente disegnano un quadro estremamente preoccupante non soltanto per la salute, ma per stessa natura democratica del nostro Paese. Tra l’altro, in netta controtendenza rispetto a ciò che accade negli stessi Stati Uniti, già patria delle assicurazioni private e delle narrazioni più fosche circa gli effetti di un siffatto Sistema Sanitario (si pensi a quei film nei quali un malato o un traumatizzato grave devono dichiarare la propria polizza, in assenza della quale sono lasciati morire).
Che la Sanità sia una barca che fa acqua è evidente a chiunque: attese sempre più lunghe, sempre più frequente la necessità di rivolgersi alla Sanità a pagamento, che costa molto, per moltissimi troppo. E ancora disservizi, scandali, speculazioni. Naturalmente, l’obiezione è dove si possano reperire le risorse (il denaro) per far funzionare ancora e meglio la sanità pubblica. Enorme problema, ma la cui soluzione non potrà mai stare nella negazione dei diritti fondamentali dei cittadini.
Monti si fa espressione, in tal modo, di un elitarismo provocatorio, sgradevole e – perché non dirlo – socialmente pericoloso, in quanto concorre a creare e continua ad alimentare esasperazione e sfiducia. E proprio nel campo del più elementare diritto all’esistenza in vita, potendo contare sull’assistenza sanitaria indipendentemente dalle proprie condizioni di esistenza sociale.
È disponibile un caso esemplare: in Russia dopo la fine dell’Unione sovietica e del suo apparato di welfare, in dieci anni la vita media dei cittadini russi si è accorciata di dieci anni. Senza welfare, seppure quello della vecchia Urss, l’aspettava di vita dei russi è oggi di 58 anni. E indovinate tra quali fasce sociali si contano le persone che vivono meno a lungo e abbassano la media? Si potrebbe dire: guardiamoci in faccia, consideriamo che c’è la crisi e accettiamo diligentemente di morire meno vecchi di quanto non accada oggi; accettiamo diligentemente che ci possa accadere di sapere di essere malati ma di non poterci curare, semplicemente perché costa troppo. Certo, a meno che non si abbia un ottimo reddito, va da sé.
Il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana Monti ci vuole dire che si tratta di una normale – ancorché dolorosa, i membri di questo Governo hanno già dimostrato di essere capaci di commuoversi, bontà loro – conseguenza della crisi. L’equazione proposta (meglio sarebbe dire imposta) è semplice, il denaro pubblico manca, le strutture pubbliche (scuola, sanità, pensioni) sono sempre più insoddisfacenti, dunque privatizziamo, ottenendo il subitaneo risultato dell’efficienza e della possibilità di valorizzare l’eccellenza. Il compassato professor Monti è un dinamitardo, ed è al contempo un giocatore d’azzardo che tira il sasso e nasconde (parzialmente) la mano, lascia che le acque s’acquietino quel tanto che basta perché sia di nuovo rumoroso il nuovo sasso scagliato.
Così, per approssimazioni e provocazioni successive, porta il Paese verso una condizione diversa, ancora una volta senza che il progetto sia esplicitato e discusso nelle sedi pubbliche appropriate e – eventualmente – condiviso. Temevamo il populismo di una nuova destra italiana rappresentata da Berlusconi. Ora cosa dobbiamo temere?
Una politica extraparlamentare perché “tecnica” e di “emergenza” che, sotto le mentite spoglie della freddezza dei calcoli necessari a fronteggiare la crisi, disegna e va realizzando una trasformazione della democrazia assai lontana da quella disegnata dalla nostra Costituzione? Poi deve affrontare la protesta. Ma si ricordi una cosa, Signor Monti, la manifestazione dell’esasperazione sociale che sta alimentando, non è eversione, non è contro le istituzioni, ma è per istituzioni democratiche, perché rivendica l’applicazione di una Costituzione che Ella sta progressivamente eludendo.
A meno che qualcuno non pensi, che la democrazia ed il suo requisito di base, l’eguaglianza, siano un lusso in tempo di crisi.