Trentatré milioni di euro, frutto dei biglietti pagati dai visitatori dei principali musei della Sicilia, volatilizzati nel nulla. Una cifra enorme che sarebbe stata sottratta da Gaetano Mercadante, imprenditore romano di 51 anni, finito stamattina agli arresti domiciliari per peculato. Mercadante è stato infatti arrestato dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza che ha eseguito l’ordinanza emessa firmata dal giudice per le indagini preliminari di Palermo Marina Petruzzella. L’imprenditore romano è il legale rappresentante della Novamusa Valdemone, della Novamusa Val di Mazara e della Novamusa Val di Noto. Le tre società facevano parte dell’associazione temporanea di imprese alla quale dal 2003 l’assessorato regionale ai Beni Culturali aveva affidato la gestione dei principali siti archeologici siciliani.

Dal Teatro Antico di Taormina, fino Museo Archeologico di Messina, dall’Area Archeologica dei Giardini Naxos all’Orecchio di Dionisio a Siracusa, dalla Cava di Ispica a Modica fino all’Area Archeologica di Segesta e a quella di Selinunte, tutti i principali musei dell’isola erano praticamente gestiti dalle società di Mercadante. L’uomo che per anni ha gestito i gioielli archeologici siciliani si occupava soprattutto della riscossione dei biglietti pagati dalle migliaia di turisti che ogni anno si recano a visitare i siti più suggestivi dell’isola. Una specie di miniera d’oro che negli anni si è però trasformata in un gigantesco buco per il bilancio della Regione Sicilia.

Tra l’assessorato ai beni culturali e le società di Mercadante era stata infatti stipulata una convenzione per la gestione dei servizi di ristoro e della biglietteria dei siti archeologici: del ricavato alle società concessionarie sarebbe spettato il dieci per cento, il resto era invece di pertinenza della Regione Sicilia (al 70%) e dei comuni in cui sorgono i siti archeologici (al 20%). Solo che sarebbe spettato alle società di Mercadante versare gran parte degli introiti agli enti. Che da tempo, invece, non vedevano un euro. E quando le società di Mercadante operavano i versamenti lo facevano con grande ritardo.

E’ per questo che nel 2008 Romeo Palma, il dirigente generale del diparimento Beni Culturali, aveva bloccato le concessioni alle società Mercadante. Nel frattempo la procura di Palermo aveva aperto un’indagine sul caso. Durante l’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dal sostituto Amelia Luise, erano stati acquisiti i profili bancari delle società di Mercadante. Gli inquirenti hanno così scoperto che dal 2004 al 2011 l’imprenditore non aveva versato a Regione e comuni profitti per ben trentatré milioni di euro, tutti o quasi provenienti dalla vendita di biglietti per accedere alle aree archeologiche. Quattordici milioni di euro sono effettivamente poi arrivati nelle casse degli enti, ma con notevole e inspiegabile ritardo. Mentre ammonterebbe a ben diciannove milioni di euro la cifra che sarebbe stata trattenuta nei conti delle società di Mercadante: un buco milionario che avrebbe causato un ammanco di quattordici milioni di euro nei bilanci della Regione, e di cinque milioni di euro nei bilanci dei comuni. Un vero e proprio tesoretto, tutto rimasto nelle tasche di Mercadante, l’ex bigliettaio d’oro dei musei siciliani, oggi accusato di aver fatto una cresta un po’ troppo sospetta per non dare nell’occhio.

AGGIORNAMENTO DEL 6 GIUGNO 2018: L’ASSOLUZIONE DI MERCADANTE 

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