Durante l'incontro a Palazzo Chigi tra governo, parti sociali, amministratori locali e l’azienda, l'ex prefetto di Milano ha detto che se "i provvedimenti della magistratura stanno provocando gravi ripercussioni sull'occupazione" e che ci saranno "ripercussioni anche per le case automobilistiche"
Nuove bozze del decreto ‘ad Ilvam‘, prese di posizioni politiche, appelli dei sindacati. Al centro, come a fare da spartiacque, l’incontro a Palazzo Chigi tra governo, parti sociali, amministratori locali e l’azienda. Poi la notizia, comunicata direttamente dal premier: il dl sarà firmato domani. “Il prossimo passo urgente è un atto del governo e lo strumento giuridico sarà il decreto legge. I tempi sono brevissimi, domani, finalizzeremo l’elaborazione in consiglio dei ministri” ha detto Monti, che poi ha fatto considerazioni pesanti sui suoi predecessori. “In passato, non c’è stata sinergia tra i poteri dello Stato ma oggi i poteri dello stato hanno cooperato, quelli territoriali con quelli centrali, le parti parti sociali, le imprese. Non era previsto il potere giudiziario ma la nostra attenzione è doverosa alle indicazioni della magistratura. Infatti oggi qui c’è l’avvocatura dello stato rappresentata”.. Ennesima giornata campale, quindi, per il futuro dell’Ilva di Taranto e, dopo l’annuncio del presidente Ferrante, anche il siderurgico di Genova e per i 20mila lavoratori dell’acciaio made in Italy. Tutto, o quasi, passa dal tavolo di confronto: presenti il premier Mario Monti, il sottosegretario Antonio Catricalà ed i ministri dello Sviluppo economico Corrado Passera, dell’Ambiente Corrado Clini, del Lavoro Elsa Fornero e i rispettivi sottosegretari.
Presenze di peso, a testimonianza dell’importanza strategica che la vicenda riveste per il governo. E non solo, visto che la Regione Puglia ‘ha schierato’ direttamente il presidente Vendola, mentre per il Comune di Taranto c’è il sindaco Stefàno, indagato al pari del presidente Ilva Bruno Ferrante, che rappresenta l’azienda nel vertice di oggi e che nel suo intervento ha messo il carico sulla posizione ufficiale del gruppo Riva. E sì, perché dopo l’annuncio della chiusura del siderurgico tarantino, Ferrante ha comunicato che se la situazione non cambierà anche lo stabilimento di Genova è destinato alla chiusura: “I provvedimenti della magistratura stanno provocando gravi ripercussioni sull’occupazione, ma il quadro rischia di peggiorare. Anche Genova avrà problemi ed è destinata alla chiusura” ha detto, sottolineando che la questione riguarda “oltre ventimila dipendenti che rischiano di saltare in caso di chiusura di Taranto” e che ci saranno “ripercussioni anche per le case automobilistiche. Si rischia l’effetto domino su tutta la filiera dell’acciaio”. Il presidente dell’Ilva – sempre secondo riferito da chi partecipa alla riunione – ha detto che “dovremo far ricorso nei prossimi giorni a nuovi ammortizzatori a causa dello spegnimento di alcuni altiforni“.
Una sorta di rappresaglia (come la hanno definita i sindacati) che solo un decreto legge potrebbe fermare. A tal proposito, secondo quanto riferito dal premier Mario Monti, ancora non c’è una ”bozza definitiva” del provvedimento, “altrimenti non vi avremmo convocati”. Eppure in giornata erano circolate altre notizie in base alle quali la bozza messa a punto ieri e pubblicata dalle agenzia di stampa sarebbe stata modificata con due aggiunte. La prima: per vigilare sull’attuazione del decreto sarà nominato un garante che si avvarrà dell’Ispra e sentirà un comitato dei lavoratori dello stabilimento di Taranto, in cui sono rappresentate tutte le aree produttive. La seconda: dal via libera al decreto leggesull’Ilva, i provvedimenti di sequestro incompatibili con l’attuazione dell’Aia “perdono efficacia”. Lo prevede l’ultima bozza del Dl, in corso d’esame a Palazzo Chigi prima dell’incontro con le parti sociali, l’azienda e gli enti locali di oggi.
Prima di varare il provvedimento, ha aggiunto il premier, abbiamo voluto “sentire le parti”, anche se nessun componente “ha intenzione ad entrare in conflitto con la magistratura”. Monti, poi, ha fatto una considerazione anche più generale sulla vicenda: ”Non possiamo permetterci di dare un’immagine dell’Italia – ha detto il capo del governo – dove non sia possibile conciliare la tutela dell’occupazione e il rispetto della magistratura, la tutela dell’ambiente e la produzione dell’acciaio”. Dello stesso parere il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, secondo cui “l’urgenza è diventata stringente perché sta per bloccarsi un’intera filiera”. “Il lavoro che stiamo facendo – ha aggiunto – consentirà il rafforzamento della garanzia di realizzazione dei principi dell’Aia e la terzietà di questo meccanismo”. Poi la notizia: domani ci sarà il tanto agognato decreto, che – a dirla con Passera – ”terrà conto del contributo di tutti”. L’azienda respira. Taranto no.