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Onu, l’Italia voterà sì alla Palestina “Stato osservatore non membro”

La posizione italiana si è chiarita nelle ultime ore, il voto sarà favorevole. Dura reazione dell'ambasciata israeliana a Roma: "Siamo molto delusi". Il voto alle 21, Abu Mazen può contare sul sì di 140 dei 193 Paesi membri dell'assemblea. L'Unione Europea si presenterà divisa e gli Stati Uniti voteranno contro. Clinton: "Non serve a niente. La pace passa solo dai negoziati"

Palazzo Chigi ha sciolto le riserve: questa sera l’Italia voterà sì alla risoluzione per il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro. Il voto è previsto per questa sera alle 21 italiane. La risoluzione, con ogni probabilità, passerà nonostante l’opposizione di Israele e Stati Uniti. Il presidente palestinese, Abu Mazen, che la scorsa notte si è incontrato a New York con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e con emissari dell’amministrazione di Barack Obama, guida la delegazione che presenterà formalmente la risoluzione. I palestinesi sostengono di poter contare sul voto favorevole di almeno 140 dei 193 Paesi membri dell’assemblea e confidano di poter raccogliere ancora altri voti prima dell’inizio della sessione plenaria, che comincia alle 16 italiane. La riunione di oggi per far entrare la Palestina come osservatore non membro continua a provocare imbarazzi, prudenze, timori e mezze polemiche. Il voto è previsto per la serata italiana.

La risoluzione ha l’appoggio di una quindicina di Paesi dell’Ue, Francia e Spagna in testa, ma di fatto ha diviso i 27. La diplomazia europea ha infatti tentato fino all’ultimo ma senza successo di costruire una posizione comune (l’astensione in blocco), ma i singoli Paesi andranno in ordine sparso. L’Italia, dopo un lungo silenzio meditabondo, ha annunciato oggi la propria posizione tramite un comunicato di Palazzo Chigi, precisando che “la decisione è parte integrante dell’impegno del Governo italiano volto a rilanciare il Processo di Pace con l’obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento”. Il governo, sottolineando gli sforzi compiuti negli ultimi mesi in sede di negoziato, ribadisce “la centralità che per l’Italia e per l’UE ha il Processo di pace”, ricordando che “il Presidente Monti ha nell’occasione manifestato la convinzione che l’assetto finale si possa basare sul principio dei due Stati per due popoli, con lo Stato palestinese che sia patria del popolo palestinese, e lo Stato d’Israele come Stato ebraico, riconoscendone la legittima aspirazione quale patria del popolo ebraico”.

Monti ha telefonato al presidente israeliano Mahmoud Abbas e al primo ministro Benjamin Netanyahu, ribadendo che la decisione italiana “non implica nessun allontanamento dalla forte e tradizionale amicizia nei confronti di Israele” e ha garantito ” il fermo impegno italiano ad evitare qualsiasi strumentalizzazione che possa portare indebitamente Israele, che ha diritto a garantire la propria sicurezza, di fronte alla Corte Penale Internazionale”. La nota di Palazzo Chigi precisa che “nel dare sostegno alla risoluzione, l’Italia, in coordinamento con altri partner europei, ha in parallelo chiesto al presidente Abbas di accettare il riavvio immediato dei negoziati di pace senza precondizioni e di astenersi dall’utilizzare l’odierno voto dell’Assemblea generale per ottenere l’accesso ad altre Agenzie Specializzate delle Nazioni Unite, per adire la Corte Penale Internazionale o per farne un uso retroattivo”.

Contrapposte, com’era prevedibile, le reazioni delle parti in causa. L’ambasciata isreaeliana si è detta “molto delusa dalla decisione dell’Italia – uno dei migliori amici di Israele – di sostenere l’iniziativa unilaterale dei Palestinesi alle Nazioni Unite”. Soddisfazione, invece, da parte dell’Anp: il rappresentante dell’Associazione a Roma, Sabri Ateyeh, ha detto che la decisione “riflette lo spirito del Paese per la libertà ed il rispetto dei diritti umani” e testimonia la “vicinanza dell’Italia, da sempre, al processo di pace” in Medio Oriente. Anche il ministero degli Esteri dell’Anp, Riad Maliki, si è detto “molto contento per la posizione dell’Italia”. In serata sono arrivati anche i ringraziamenti ufficiali del presidente dell’Anp Abu Mazen.

Se si confermasse il nuovo status, la Palestina avrebbe l’accesso a varie agenzie del sistema delle Nazioni Unite (come già accaduto l’anno scorso con l’Unesco) e ai tribunali internazionali, primo tra tutte la Corte Internazionale di Giustizia (dinanzi a cui denunciare Israele). I Paesi europei favorevoli saranno almeno 15 ( tra i quali – oltre all’Italia – ci sono Francia, Spagna e Portogallo); la Repubblica Ceca, l’Olanda e la Bulgaria dovrebbero votare contro; la Gran Bretagna ha annunciato che si asterrà, così come la Germania: “Non abbiamo preso questa decisione con leggerezza – afferma il ministro degli Esteri Guido Westerwelle – La Germania condivide l’obiettivo di uno stato palestinese. Abbiamo promosso il raggiungimento di questo traguardo in tanti modi, ma i passi decisivi verso la costituzione di uno stato possono essere solo il risultato di negoziati tra israeliani e palestinesi”.

I “no” saranno meno di dieci – inclusi Israele, Canada, Usa e “i suoi paesi satelliti” – tra tutti i 193 Stati dell’Assemblea. Tra i grandi attori internazionali, Russia e Cina si sono detti a favore del riconoscimento della Palestina come Stato osservatore a partire dalle frontiere del 1967 e con capitale a Gerusalemme Est.

Secondo il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, il riconoscimento dello stato della Palestina all’Onu non aiuterà palestinesi e israeliani a raggiungere un accordo di pace duraturo fondato su due stati. “Il cammino verso una soluzione che preveda due stati e che soddisfi le aspirazioni del popolo palestinese è attraverso Gerusalemme e Ramallah, non New York” – mette in evidenza Clinton – e quindi  l’unica strada per una soluzione di lungo termine è attraverso trattative fra palestinesi e israeliani.

Su questo solco si inserisce anche l’intervento del premier israeliano Benyamin Netanyahu. Il voto all’Onu sulla Palestina “non cambierà alcunché sul terreno”. Secondo il capo del governo di Tel Aviv quel voto “non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà”. Comunque “la mano di Israele resta tesa verso la pace”, ha assicurato. ”Non sarà costituito uno Stato palestinese – ha aggiunto Netanyahu – senza il riconoscimento di Israele come Stato del popolo ebraico; non sarà costituito uno Stato palestinese senza la proclamazione della fine del conflitto; non sarà costituito uno Stato palestinese senza provvedimenti di sicurezza reali che difendano lo Stato di Israele e i suoi abitanti”. “Di tutto ciò – ha aggiunto – non c’è menzione nella risoluzione sottoposta alla Assemblea Generale dell’Onu e questa è solo una delle ragioni per cui ci opponiamo”. Netanyahu ha polemicamente ammesso che oggi il voto sulla Palestina all’Onu sarà accompagnato da forti applausi. “Anche noi abbiamo ricevuto applausi quando annunciammo il ritiro unilaterale da Gaza (2005, ndr). Abbiamo ricevuto applausi, e poi missili. Noi siamo usciti da Gaza e l’Iran vi è entrato. Lo stesso avvenne in Libano (2000, ndr): Israele ne uscì e l’Iran vi è entrato”. Netanyahu ha così concluso: “Come primo ministro di Israele non consentirò che una nuova base terroristica dell’Iran venga a costituirsi nel centro di questa terra, nella Giudea-Samaria (Cisgiordania, ndr) a un chilometro da qua”, ossia da Gerusalemme, dove teneva il discorso. “Nessuna forza al mondo potrà obbligarmi a fare compromessi sulla sicurezza di Israele”. Più chiaro Zvi Hauser, segretario del governo israeliano: col voto odierno, dice, “la pace si allontana”.