Unicredit non ha fatto a tempo a tirare un sospiro di sollievo per il trasferimento a Bologna del cosiddetto processo Brontos che una nuova tegola giudiziaria è caduta sull’istituto guidato da Federico Ghizzoni. L’accusa è nuovamente di evasione fiscale, come nel caso italiano, solo che questa volta a indagare è la procura di Francoforte che ha ordinato una perquisizione in 13 sedi di Hypovereinsbank, la controllata tedesca di Unicredit rilevata nel 2005 dall’allora amministratore delegato Alessandro Profumo.
Ed è proprio sul periodo della gestione Profumo, oggi presidente del Monte dei Paschi di Siena, che i magistrati tedeschi vogliono fare chiarezza: le indagini riguardano operazioni svolte nel periodo 2006-2008 (Profumo ha lasciato Unicredit nel settembre del 2010) che avrebbero consentito all’istituto di credito di non versare tasse per 124 milioni di euro. Secondo i dettagli finora emersi, lo schema utilizzato da Hypovereinsbank per frodare il fisco tedesco sarebbe per certi versi simile a quello denominato Brontos: una triangolazione dei profitti con soggetti esteri per poter usufruire di aliquote più basse di quelle in vigore nel Paese dove è stato realmente realizzato il profitto, in questo caso la Germania (nel caso Brontos in Italia).
Secondo la Sueddeutsche Zeitung, che per prima ha riportato la notizia poi confermata dall’ufficio del procuratore di Francoforte, la frode potrebbe essere in corso da diversi anni, portando l’ammanco per l’Erario a qualche miliardo di euro. Oltre ai finanzieri, alle perquisizioni hanno partecipato anche uomini del Bundeskriminalamt, la polizia criminale federale. In totale sono state ben 60 le persone che si sono mosse su ordine della procura di Francoforte per raccogliere prove del reato. Le indagini sono iniziate dopo la denuncia di un imprenditore tedesco che si era affidato a Hypovereinsbank per eludere il fisco ma la documentazione che gli era stata fornita a tal scopo dalla banca non era stata accettata dal ministero delle Finanze. In termini finanziari la tecnica è conosciuta come “dividend stripping”, pratica oggi non più consentita. Secondo quanto riportato dalla Sueddeutsche Zeitung l’indagine potrebbe costare cara alla Hypovereinsbank, ma non rischia di mandarla gambe all’aria.
E pensare che proprio le attività tedesche di Unicredit erano uno dei nodi cruciali dell’ipotetico progetto di fusione fra Unicredit e Intesa Sanpaolo, che ha tenuto banco sulla stampa italiana nelle scorse settimane. L’ipotesi era stata immediatamente e seccamente smentita sia da Ghizzoni che dal suo parigrado in Intesa Sanpaolo, Enrico Chucchiani, che viene dalle fila del colosso assicurativo Allianz che, al tempo dell’acquisizione di Hypovereinsbank da parte di Unicredit, era l’azionista di maggioranza di Munich Re, a sua volta primo azionista proprio di Hypovereinsbank. E dalle fila di Allianz viene anche il presidente di Unicredit Giuseppe Vita. Dall’Italia, intanto, Unicredit, ha fatto sapere che “per giungere a una completa trasparenza riguardo alle transazioni sui dividendi effettuate, il consiglio di sorveglianza della banca ha avviato nel 2011 una riesamina completa delle procedure con l’aiuto di consulenti esterni”, garantendo “un atteggiamento proattivo nei confronti delle autorità finanziarie e fiscali, per sostenerle” nelle indagini.