Domenica è stata “La giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne“.
Ne hanno scritto in tanti. Ho letto tante storie.
Questa è la storia di F.
“Perché ne parli con me, io cosa posso fare F.?”
“Condividila, per favore. Fai capire come ci si sente”.

Nauseata. Schifata. Disgustata. In colpa.
Ecco come ci si sente dopo.
Ma prima, nel mentre?
Stai lì ferma, pensi tante cose, ma non riesci a fare nulla.
Ti dici, cazzo: scappa, urla, mordilo… qualsiasi cosa, ma falla!
E invece niente…lo lasci fare, diventando così complice.
Quella mano in un attimo te la trovi dappertutto, e a te manca l’aria, non riesci a respirare.
Pensi alla mamma, alle amiche, a ‘sta cazzo di canzone che non finisce mai, che Venditti alla fine non ti è mai piaciuto… pensi a tutto tranne a quello che ti sta facendo.
Poi prende la tua mano, la mette lì, ti dice come devi fare, e allora capisci, ti rendi conto, realizzi che non può vincere lui, che non è giusto, e finalmente riesci ad aprire quella portiera, e scappi, e piangi, e vomiti. E torni a casa. Ti accorgi che  tutto è durato pochissimo.
Era il vicino di casa, coetaneo e amico di papà.
Non avevo neanche 17 anni e non sono riuscita a fare nulla, neanche a dirlo ai miei, dopo.
Lo fece il mio ragazzo di allora, avvertito dalle mie amiche. Gli sfasciò la macchina, bucò le gomme.

Cosa fai dopo? Te ne fai una ragione, chiudi il ricordo nell’angoletto più lontano della mente.
E vai avanti, vivi la tua vita, fai finta che non sia accaduto nulla, anche quando lo incontri ogni santo giorno, quando esci di casa, quando accompagni i tuoi figli a scuola, lui c’è.

Ma ti fai coraggio. Pensi che se succedesse ancora, saresti capace di reagire, adesso sei una donna, una mamma, sei forte dell’esperienza vissuta.
Sei riuscita a trovare la tua strada, il tuo equilibrio e pensi che più nulla ti sconfiggerà, ti abbatterà.
E invece…
Quando succede di nuovo, quando ti senti sfiorare in un luogo dove nessuno dovrebbe permettersi di toccare, dal collega molto più grande di te, l’incubo ritorna.
Rivivi e rivedi tutto nella tua testa. E vorresti di nuovo scappare, urlare, mordere…
Ma come l’altra volta non ci riesci. Poi arrivi a casa, e piangi. E vomiti.
Ma stavolta ci sono i tuoi figli a guardarti. Ti chiedi perché devi continuare a sopportare un peso così grande, perché devi tenertelo tutto dentro.
E allora ti fai forza, e cerchi di buttarlo fuori. Ma non ci riesci, non come vorresti.

So che siamo in tante ad aver provato questo. E so di non volerlo più provare.
Per cui voglio urlare: denunciate. Se qualcuno vi tocca, vi sfiora, fa allusioni, non rimanete inermi.
Non può, non deve vincere. Dobbiamo vincere noi.

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