Dal 2009 al 2012, sono 5723 le donne che si sono rivolte a strutture che svolgono attività anti-violenza nella regione Toscana. Sono i dati che emergono dal IV rapporto sulla violenza di genere in Toscana, presentato il 26 novembre a Pisa. Un rapporto che è frutto di un progetto d’avanguardia perché i dati provengono, caso unico in Italia, da un’applicazione web messa in piedi dalla Regione stessa: un sistema che collega in tempo reale le attività di orientamento, accoglienza e tutela giuridica verso le donne vittime di violenza.

“Praticamente le strutture sparse in tutta la regione Toscana raccolgono i dati delle utenti che accedono per la prima volta ai centri, inserendoli nel computer all’interno di schede standardizzate – ci racconta Luca Puccetti, referente dell’Osservatorio sociale regionale – Si tratta di immettere informazioni generali sulla donna e sul tipo di violenza subita, sulla relazione con il maltrattante, la presenza di figli che assistono ai soprusi etc… L’applicazione permette ai ricercatori dell’Osservatorio di ricevere subito i nuovi dati e di monitorarli continuamente”. Le strutture che aderiscono al progetto sono per adesso 45. Centri anti-violenza che appartengono all’ambiente del terzo settore, in convenzione con la struttura pubblica. “Il progetto non è tanto utile per le grandi strutture, che magari hanno già propri sistemi di monitoraggio – dice ancora Luca – ma per le piccole realtà sparse sul territorio, i cui dati altrimenti andrebbero dispersi”. A conti fatti questo sistema aiuta a sistematizzare l’osservazione di un fenomeno sotto gli occhi di tutti, ma di difficile misurazione. Perché come’è scritto nel rapporto, “delineare le caratteristiche delle utenti non serve a spiegare le cause della violenza, ma a capire quali siano i bisogni delle vittime e quali gli interventi da mettere in campo per facilitarne il percorso di uscita”.

I dati del rapporto sono chiari: com’è stato più volte rilevato emerge un tipo di violenza che non ha niente a che vedere con la carenza di cultura o le difficoltà economiche. Un fenomeno trasversale dove le vittime hanno uno stato occupazionale in linea con la media, e addirittura titoli di studio più alti della media. La violenza denunciata è all’interno della coppia. Tra le utenti straniere il peso della violenza tra le mura domestiche è particolarmente drammatico e si tratta soprattutto di violenza fisica (l’81%). Un altro dato inquietante è che la maggior parte delle donne ha figli che assistono alla violenza da loro subita: il 58,2% delle donne italiane e il 67,2% delle straniere.

Ma la vera novità del rapporto di quest’anno è l’approfondimento dell’attività del Centro uomini maltrattanti di Firenze. Il Centro (Cam) ha l’obiettivo di far fare all’uomo-aggressore un percorso di consapevolezza, attraverso azioni di recupero e rieducazione. Molti degli uomini che vi si rivolgono lo fanno volontariamente, magari per recuperare un rapporto familiare che si sta lacerando, anche se l’obiettivo del CAM non è quello di recuperare la coppia ma quello di interrompere la violenza. “Perché se deve essere cambiata la cultura alla base della violenza, è fondamentale partire dagli uomini”, dice Daniela Bagattini che insieme a Valentina Pedani ha curato il rapporto. Un’impresa molto difficile che parte da piccoli ma importanti numeri. “Dei 175 contatti telefonici avuti dal Cam dal momento dell’attivazione del servizio al marzo 2012, sono circa 80 i casi che hanno avuto un seguito, sia esso positivo o negativo”.

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