Frank La Rue, uno dei responsabili per la protezione della libertà d'espressione per le Nazioni Unite, sorpreso: "Con il Cavaliere potevo capirlo. Ma l’atteggiamento del nuovo governo, tecnico e con incarico temporaneo, è inspiegabile"
Che Berlusconi fosse contro la libertà di stampa era pleonastico, ma che il governo Monti facesse ostruzionismo francamente non me l’aspettavo”. Frank La Rue, il relatore speciale dell’Onu per la protezione della libertà d’espressione e di stampa, è uno che viene “di solito accolto bene in giro per il mondo: tranne che nel mio Paese, il Guatemala”.
La Rue, in Italia non sono proprio impazienti di riceverla.
Durante il governo Berlusconi ho provato molte volte a farmi invitare ufficialmente per investigare sullo stato di salute della stampa italiana: è andata malissimo.
In che senso?
Ricordo quando Berlusconi chiese al Parlamento di vietare la pubblicazione di leak e di foto. Io fui critico e l’allora ministro degli Esteri si infuriò.
Franco Frattini? Cosa le disse?
Qualcosa tipo: che ne sa questo povero rapporteur guatemalteco della nostra libertà di stampa?
Le capitano spesso reazioni scomposte?
No. A memoria una volta sola. Con Hugo Chávez in Venezuela.
Invitarla sarebbe stato un gesto quantomeno autolesionista.
Infatti, era chiarissimo che a Berlusconi non conveniva un’ispezione. Ma l’atteggiamento del nuovo governo – tecnico e con incarico temporaneo – è inspiegabile.
Cos’ha chiesto a Monti?
Solamente di poter assistere alla nomina dei membri Agcom, la scorsa primavera. Il Garante per le comunicazioni ha un ruolo chiave, eppure la nomina prescinde da qualunque consultazione della società civile e i membri stanno in carica un tempo spropositato: 7 anni.
Cos’hanno risposto?
No.
Con che giustificazione?
A essere precisi non hanno rifiutato: non mi hanno proprio risposto. Il problema è che questo governo non ha fatto dei diritti umani una priorità. Libertà di espressione e di stampa, parità tra uomini e donne – di ruolo e di salario – non sono certo in cima alla lista. Solo la crisi economica lo è. Capisco che sia la preoccupazione più immediata, ma non può essere l’unica. Per affrontare la recessione serve rafforzare la democrazia: se negli Usa i giornalisti non fossero stati terrorizzati dall’idea di toccare Wall Street, la crisi non sarebbe arrivata così in profondità prima di esplodere.
Dunque si arrende?
Affatto. Anzi, è arrivato il momento di fare un’ispezione completa: chiedo ufficialmente che mi invitino per una missione.
Qual è secondo lei il problema numero uno da affrontare?
Direi la questione dell’accesso all’informazione vera. Io credo profondamente nel servizio pubblico, ma solo se è indipendente.
E la nostra tv di Stato è lottizzata.
La Rai non può essere controllata dai politici. La Bbc per esempio è davvero indipendente dal governo: ci dovete arrivare anche voi. Invece in Italia c’è una concentrazione di gruppi di potere che manipolano l’opinione pubblica. E questa è una violazione dei diritti umani.
Li vede mai i nostri tg? Spesso ci sono sfilate di politici che fanno dichiarazioni a loro piacere, senza un giornalista che faccia le domande.
Tutti i media devono fare giornalismo investigativo. Altrimenti non hanno alcuna funzione per il pubblico.
Si dà sempre la colpa alla casta, agli editori che proteggono i loro interessi, a Berlusconi. Ma non pensa che anche i giornalisti stessi abbiano le loro responsabilità?
L’Italia ha bisogno di nuovi standard etici. I giornalisti sono in grado di aiutare la lotta alla mafia, alla corruzione, al malcostume. Sta a loro rispettare la deontologia, ma spesso le tentazioni sono forti: c’è chi pensa prima al profitto economico che alla professione. L’etica però non si può imporre. Ma in certi casi si deve pretendere.
Per esempio?
I giornalisti del servizio pubblico non hanno scuse, non esiste che accettino regali, passaggi in aereo o favori. É inconcepibile. Li pagano i cittadini e devono rispondere solo ai cittadini.
Twitter @BorromeoBea