Alcuni uomini vorrebbero essere dio. Per altri è difficile ammetterne l’impossibilità. Antonino Zichichi da Trapani, neoassessore alla Cultura della giunta Crocetta, Cavaliere di Gran Croce, Grand’Ufficiale, curriculum non sintetizzabile, ha letto Russell e per non sbagliare “con immensa immodestia”, si posiziona comunque nell’alto dei cieli: “Vivo tra le nuvole, ma so cosa fare”. Quando Zichichi aziona il pensiero, diceva Saviane, si ode un ronzio. A 83 anni, il motore gira a pieno regime: “Ma non usi questa parola, le dittature sono state cosa troppo seria per volgarizzarne i vocaboli”.
Professore, inizia l’avventura.
E’ amore ai confini dell’incoscienza. Al richiamo della mia terra, a cui con immensa immodestia penso di aver lasciato qualcosa di tangibile, non potevo restar sordo.
Dicono che lei sia troppo vecchio per l’incarico.
Hanno la lingua e quindi parlano. Ma che fai? Gliela tagli? Sappia, questa gente, che la politica mi ha cercato per anni. Recentemente. Insistentemente.
Addirittura?
Un incarico di altissimo profilo nel governo tecnico. Ma sono uomo del fare, più che coordinare gli altri, preferisco agire. Vestirmi da ministro non mi interessava. I bravi politici ci sono già. Io sono uno scienziato.
Ha rifiutato la proposta di Mario Monti?
Non di Monti in persona, ho detto no all’ipotesi di entrare nel Governo.
Non vediamo la differenza.
Non ho pregiudizi, non ho nemici e sono per il trionfo della cultura della collaborazione. Con immensa immodestia devo dirle che non ho vincoli che non siano rigorosamente scientifici. Si vede che rinunciare era destino. Crocetta non lo conoscevo. Mi ha chiamato. Sapeva tutto di me. Parlava di me come se fossi io. Non potevo dirgli no.
Si capisce.
E infatti, gli ho detto sì. Un sì pieno di entusiasmo. Spero di poter dare una mano. Fin da ragazzo, quando surclassavo per sapienza i colleghi in carriera, avevo una direzione. Se non fosse stato per me non si sarebbe mai saputo che la propulsione nucleare non vive di vita propria, ma è un effetto secondario che dipende e deriva dalla forza sub-nucleare. Mi deridevano. Ironizzavano.
Ora non più.
Mi sembra che sul valore delle mie scoperte e invenzioni ‘formidabilmente’ giunte fino a noi, non sia più lecito dubitare. Ne ho messe in fila più di chiunque altro. Si ricorda Majorana?
Certo, lo conosciamo.
Pensi che a Erice, nel centro di cultura scientifica a lui dedicato e da me fondato nel ’63, persuasi Sciascia a smettere con quella sciocca deduzione.
Quale deduzione professore?
Sciascia seguiva le lezioni in inglese. Non capiva una parola ed era sicuro che Fermi detestasse Majorana. Non aveva senso. Glielo spiegai. Capì.
Cosa avrebbe detto Sciascia dell’abbraccio tra un comunista e un fisico stregato da Berlusconi.
Sono liberale e moderato, ma questo non ha impedito a Crocetta di rivolgersi a me. Non tremo. Io sono quello, solo per darle un dato, che a Erice fece crollare il Muro di Berlino due anni prima del previsto.
Davvero, professore?
Scherza? Vennero in avanscoperta tre fisici straordinari, i consulenti delle comunità scientifiche di tre grandi Nazioni, gli ambasciatori di Reagan, Gorbaciov e Deng Xiaoping.
Lei ha fatto la storia.
Può dirlo. La guerra fredda finì a Erice. Eravamo seduti su diecimila chili di tritolo, su 60 bombe atomiche già pronte a esplodere. Lo urlammo al mondo.
Episodio rivoluzionario.
L’impegno mio fu denunciare il caso. Nelle guerra moderne nessuno può dire: “Ho vinto”. Quando hai provocato 50 milioni di morti che hai vinto? Non so se ricorda quando gridai chiaro e tondo che se al capo della superpotenza arriva l’ordine: “Premi il bottone”, quello esegue senza fiatare. Cose che ho già detto. Già scritto.
Ci perdoni professore, non rammentiamo.
Non fa niente. Un uomo di scienza vive del solo conforto della comunità scientifica. Archimede, una mente più illuminata di Fermi ed Einstein messi insieme, viene ignorato dalla memoria della sua stessa terra.
Alcuni lo collocano a Crotone.
Si-ra-cu-sa. Lei, come altri che lo confondono con Pitagora, è di un’ignoranza spaventosa. Ma non è colpa sua. e’ colpa del sistema scolastico, dell’oblìo e dei messaggi veicolati ad arte. Ricorda cosa dissero ai tempi del tunnel costruito sotto il Gran Sasso?
No, professore.
Che l’avevo fatto erigere come sede segreta per il Governo Dc.
Villani.
Preferisco ricordare altro, per esempio che Pertini, mio grande estimatore, fu il primo Presidente della Repubblica che venne a trovarmi e mi ascoltò con rispetto e attenzione.
Professore stiamo divagando.
Ha ragione, torniamo alla mia amata Sicilia. O a questa Italia disgraziatissima, un modello che andrà studiato a scuola.
Progetti per rallegrare l’eterno dramma siciliano?
A decine. Bisognerà vedere cosa si potrà fare. Il modello matematico non mente, la democrazia è impossibile e le cariche, abiti virtuali che restituiscono solo un ruolo, non un vero potere decisionale. E’ un’imperfezione conclamata la democrazia. Ma questa abbiamo e questa ci teniamo.
Ha perdonato Odifreddi? Si occupò di lei in due volumi intitolati Zichicche non esattamente apologetici.
Da una persona che raddoppia l’odio nel cognome e ha a che fare con il freddo, non mi aspetto nulla di buono.
Quindi non lo ha perdonato.
Ha ironizzato sul mio cognome. Gli rendo la pariglia.
I suoi detrattori sembrano una mandria.
Dice? E’ mal informato. Mi interessa solo il giudizio della comunità scientifica e lì non c’è n’è uno solo che mi sia nemico.
Ma non le hanno dato il Nobel.
Cosa vuole, l’hanno preso così tante persone immeritevoli, lasciamo perdere.
No professore, dica.
Il guaio sono le pressioni a cui vengono sottoposti i giurati. Sono stato candidato tre volte, poi, stranamente, niente. E’ altro a contare.
Cosa professore?
Quando io parlo, gli altri stanno zitti.
Che ci importa del Nobel?
Niente. Assolutamente niente.
Poi a Stoccolma fa freddo.
Esattamente.
da Il Fatto Quotidiano del 30 novembre 2012