“Che c’azzecca?”, questo, parafrasando Di Pietro, ci sembra l’unico commento possibile all’ultima esternazione di Silvio Berlusconi relativa agli arresti domiciliari dell’amico Sallusti.
Qualcuno deve aver avvertito il cavaliere editore che il suo silenzio sulla vicenda avrebbe potuto suscitare, e non solo in menti maliziose e prevenute come le nostre, cattivi pensieri e così il cavaliere “trimezzato” ha tuonato contro i giudici e ha invocato la immediata riforma della giustizia…
Probabilmente ha solo dato aria alle corde vocali e ha sparato la prima cosa che gli è passata per la mente, sempre la stessa da 20 anni. Peccato per lui che non esista nesso alcuno tra la riforma della giustizia e il caso Sallusti.
Giusto o sbagliato che fosse sarebbe bastato che, al Senato, i berlusconiani votassero contro il carcere per direttori e cronisti e recepissero le proposte per rendere effettiva la rettifica a tutela del diffamato e, probabilmente, si sarebbe trovata una soluzione equa e valida per tutti.
Invece, per ragioni che neppure Berlusconi ha potuto o voluto spiegare, i suoi fedelissimi hanno chiesto di abrogare la galera per i direttori, ma di prevederla per i cronisti, come se non bastasse hanno alzato le multe e si sono rifiutati di intervenire sulle cosiddette “querele temerarie“, autentico strumento di intimidazione contro quei cronisti che ancora indagano su malaffare, corruzione, mafie e camorre.
La mancata approvazione della legge non ha nulla a che vedere con le “Toghe rosse” e, tanto meno, con la “Riforma della giustizia”; se Sallusti si trova nelle condizioni di detenzione (e la cosa non ci piace affatto) lo deve in primo luogo ad una destra che, tanto per cambiare, ha cercato di utilizzare il caso del direttore del Giornale per riproporre la legge bavaglio.
Del resto, almeno in questo, bisognerà riconoscere loro una antica coerenza: dall’editto bulgaro alla espulsione dei Biagi, dei Santoro, dei Travaglio, dei Luttazzi, dei Freccero… dalla legge Gasparri agli insulti a Montanelli, dall’abrogazione delle normative antitrust al tentativo di oscurare il diritto di cronaca, Berlusconi e il suo servizio d’ordine sono sempre stati in prima linea in tutte le operazioni di pestaggio politico e mediatico degli avversari.
Da parte nostra continueremo a dire, sempre e comunque, “No bavaglio e no carcere”, ma chi ha sempre sostenuto il padrone quando chiedeva ed otteneva la espulsione dei suoi avversari (da Dino Boffo al giudice Mesiano, per fare solo due esempi) dovrebbe almeno chiedere scusa ai pestati! Ma, forse, Berlusconi ha esternato in modo imbarazzato e tardivo solo e soltanto per stroncare le voci di chi, anche a casa sua, riteneva e ritiene che la mancata approvazione della nuova legge sulla diffamazione, sia stata l’ennesima vendetta tra opposte fazioni della destra.
Del resto se uno addestra i propri” pitbull” ad aggredire giudici e cronisti, non potrà poi pretendere che le bestie distinguano i polpacci degli amici da quelli dei nemici!