Per il presidente del Consiglio la crescita dei senza lavoro non dipende dalle decisioni di Bruxelles e “dalla disciplina che si impone oggi”, ma piuttosto dal fatto che “prima che i vincoli europei diventassero più stringenti, i precedenti governi italiani non si sono neanche posti il problema del disavanzo pubblico”
Mario Monti torna a punzecchiare la politica e i governi che negli anni lo hanno preceduto, toccando questa volta il tema della disoccupazione. Intervistato da Euronews, il presidente del Consiglio ha chiarito che rispetto alla mancanza di lavoro, essa non dipende “dalla disciplina che si impone oggi”, ma piuttosto dal fatto che “prima che i vincoli europei diventassero più stringenti, i precedenti governi italiani non si sono neanche posti il problema del disavanzo pubblico”. Poi ha spiegato il perché, affermando che oggi il problema “non è la ‘cattiveria’ di Bruxelles, ma gli eccessi di classi politiche che hanno ricercato nell’immediato il consenso per le successive elezioni e non per le successive generazioni”.
Monti risponde anche a una domanda sulle preoccupazioni che lo agitano in questo momento: “Forse sarà perché io sono solo capo di governo, ma la notte dormo bene. Ho la coscienza di aver fatto bene nei momenti difficili”. Nell’intervista congiunta al termine del vertice Italia-Francia sul Tav, Monti ha risposto dopo il presidente francese Francois Hollande, che aveva invece affermato di avere “molte preoccupazioni”, citando la situazione a Gaza e la disoccupazione fra le altre.
Tra i temi citati nell’intervista alla tv con sede a Lione, il presidente del Consiglio si è fermato anche su una possibile svalutazione della moneta come strumento di competizione: “In economia non devono esistere tabù. Non considero tuttavia che la svalutazione dell’euro sia una pista praticabile. Monti ha riaffermato infine, vista anche la sua precedente esperienza come commissario alla concorrenza, il suo spirito europeista: “Ritengo piuttosto necessario investire in più Europa affinché l’Europa sia forte non solo nel freno, ma anche nell’acceleratore. Credo molto – ha concluso – nel mercato comune come motore di una crescita, che finora non è pero stato lasciato girare come avrebbe potuto”.