No alla libertà per Franco Fiorito, l’ex capogruppo del Pdl alla regione Lazio, arrestato per peculato. Il politico, accusato di essersi appropriato di un milione e 300 mila euro, secondo i supremi giudici deve restare in carcere. La VI sezione penale ha confermato l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma con la quale era stata convalidata la custodia cautelare in carcere disposta dal gip di Roma. Confermato anche il sequestro preventivo dei beni, tra cui la jeep comprata per l’emergenza neve a Roma dello scorso inverno oltre a sette conti correnti italiani e quattro all’estero
Questa mattina nel corso dell’udienza il sostituto procuratore generale, Alfredo Viola, aveva chiesto che fosse confermato l’arreso e il sequestro della villa al Circeo, di tre auto e di alcuni conti correnti. I legali di Franco Fiorito, che in una intervista al Fatto del 15 settembre scorso aveva confessato che i soldi venivano spesi anche in festini privati, avevano presentato due ricorsi in Cassazione, entrambi discussi oggi nell’udienza a porte chiuse. Uno contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Roma l’1 ottobre scorso e confermata dal Tribunale del Riesame il 9 ottobre; e l’altro ricorso contro il sequestro preventivo dei beni. Secondo i legali, gli avvocati Carlo Taormina e Enrico Pavia, non si sarebbe trattato di peculato ma di presunta appropriazione.
Secondo l’accusa Fiorito con soldi “drenati” dai conti del partito – denaro pubblico – si sarebbe comprato un po’ di tutto, anche la caldaia di casa. Per “Er Batman” il giudice per le indagini preliminari aveva scritto nell’ordinanza che quello del consigliere era un “progetto criminale“.
“E’ evidente che tutto questo rilevante movimento di denaro in uscita dal conto del gruppo Pdl e a favore di Fiorito costituisca il capitolo finale di quella preordinata azione di spoglio posta in essere dall’indagato fin dalla data di assunzione della carica: l’accelerazione finale si spiega agevolmente con l’approssimarsi della discoperta delle ruberie e, quindi, con la necessità di completare, in maniera frettolosa e patente – il progetto criminale” argomentava il gip che contestava a Fiorito anche “il depistaggio mediatico nei confronti dei testimoni a suo carico”. Il giudice rilevava anche “un sistematico e spregiudicato asservimento delle risorse comuni all’interesse privato utilizzando a fini personali ingenti risorse pubbliche per oltre due anni approfittando della carica istituzionale che rivestiva”. La stessa villa al Circeo, acquistata per 800 mila euro, secondo gli inquirenti, sarebbe stata pagata con denaro pubblico. “Gli ingenti trasferimenti di denaro del Gruppo Pdl a favore dei conti correnti personali di Fiorito e i vari prelievi, anche per contanti, dallo stesso effettuati sui conti del gruppo Pdl – scriveva il gip – rendono verosimile ritenere che la provvista utilizzata per pagare l’intero prezzo della villa sia comunque proveniente dai delitti contestati”. In un solo giorno, il 2 luglio scorso, Fiorito aveva versato centomila euro provenienti dai conti del gruppo sui suoi conti correnti, attraverso 6 bonifici nazionali e 7 esteri.