Francia, Svezia e Gran Bretagna hanno convocato gli ambasciatori israeliani per protestare contro la decisione del governo. La Svezia ha inoltrato una protesta formale. Il governo britannico, che pure si era astenuta al voto all’Onu pochi giorni fa, ha diramato una nota in cui "deplora la decisione di costruire 3 mila case"
Cinque coloni israeliani sono entrati nella notte scorsa in un edificio di cinque piani nel quartiere di Jabal Mukaber, uno dei quartieri arabi di Gerusalemme est. Un edificio costruito da poco e quasi vuoto, tranne per una famiglia palestinese che abita all’ultimo piano. I residenti della zona, secondo il quotidiano israeliano Haaretz, hanno riferito che il palazzo, costruito dai palestinesi, sarebbe stato comprato da un’organizzazione vicina al movimento dei coloni, Elad, due anni fa. Come in altre zone della città, i coloni cercano di “mettere piede” nei quartieri arabi per poi iniziare un braccio di ferro con le autorità municipali che, in genere, si conclude a loro favore. Il movimento pacifista Gush Shalom (Peace Now) ha duramente condannato l’accaduto: “E’ una provocazione – ha detto in un comunicato – Entrare nelle case nel cuore della Gerusalemme palestinese fa aumentare la tensione, in una città che è già un punto molto sensibile”.
Difficile non pensare che il blitz dei coloni sia stato anche favorito dal clima innescato dalle ultime dichiarazioni del governo di Benyamin Netanyahu a proposito dell’espansione degli insediamenti (illegali per il diritto internazionale) in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Il partito considerato più vicino alla galassia dei movimenti dei coloni, peraltro, Bayit Yehudi (Casa ebraica), è uno dei più vicini alleati del Likud. Così, oltre alla condanna internazionale per la decisione presa in risposta al successo palestinese all’Onu, Netanyahu deve anche affrontare la possibile “esplosione” di occupazioni di case palestinesi, con conseguenti tensioni che potrebbero facilmente sfuggire di mano. Solo ieri il governo israeliano si era rifiutato di pagare i diritti di dogana all’Anp.
Sul piano internazionale, l’isolamento del governo israeliano manifestatosi con il voto all’Assemblea generale dell’Onu, è stato confermato dal coro di condanne per la scelta di espandere gli insediamenti in Cisgiordania e soprattutto nella zona E1, quella tra la città-colonia di Ma’aleh Adumim e Gerusalemme est. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha detto in una nota affidata al suo portavoce che si tratta “di un colpo quasi fatale alla possibilità di creare due stati per due popoli”, una decisione che causa “grave preoccupazione e disappunto”. L’espansione in quella zona isolerebbe Gerusalemme est dal resto della Cisgiordania, tagliando in due la regione e privando ogni futuro stato palestinese della continuità territoriale.
Più dure le reazioni europee. Francia, Svezia, Gran Bretagna e Spagna hanno convocato gli ambasciatori israeliani per protestare contro la decisione del governo. La Svezia ha inoltrato una protesta formale. Il governo britannico, che pure si era astenuta al voto all’Onu pochi giorni fa, ha diramato una nota in cui “deplora la decisione di costruire 3 mila case negli insediamenti in Cisgiordania e di sbloccare lo sviluppo nell’area E1. Tutto ciò minaccia la soluzione dei due stati – prosegue la nota – E pertanto chiediamo al governo israeliano di ritornare sulla sua decisione”.
Anche il governo tedesco ha fatto sentire la sua voce con una dichiarazione affidata al portavoce Steffen Seibert: “Facciamo appello al governo israeliano affinché desista da questa procedura”. Seibert ha aggiunto che mercoledì, quando il premier israeliano Netanyahu sarà in Germania per incontrarle la cancelliera Angela Merkel, “ci aspettiamo una franca discussione, tra amici”, lasciando intendere che le preoccupazioni europee per l’espansione degli insediamenti saranno presentate direttamente al capo del governo israeliano. Francia e Gran Bretagna, inoltre, secondo la stampa israeliana, non vogliono limitarsi alle note di protesta ma starebbero pensando anche a un gesto più forte, che potrebbe arrivare fino a richiamare in patria gli ambasciatori accreditati a Tel Aviv. Un passo, sottolineano i media israeliani, che non ha precedenti. Una decisione in questo senso potrebbe arrivare già oggi.
Il quotidiano Haaretz, tuttavia, aggiunge citando una fonte che appartiene all’ufficio del primo ministro Netanyahu, che il governo avrebbe in mente altre misure contro l’Autorità nazionale palestinese: “I palestinesi si renderanno conto di aver commesso un grave errore con l’atto unilaterale compiuto all’Onu”. L’ennesimo braccio di ferro, insomma, sembra solo all’inizio. Anche perché Israele non intende in alcun modo accogliere le richieste della comunità internazionale: “Israele continuerà a difendere i suoi interessi vitali, anche arrivando a sfidare la la pressione internazionale, non ci sarà alcun cambiamento nelle decisioni prese”.
di Joseph Zarlingo
Modificato da redazione web alle 16.30