Solo i miopi non vedono quello che è successo ieri, quello che è successo negli ultimi tre mesi.
Il perno su cui fa leva il mio ragionamento è l’atteggiamento generale della politica che è visibilmente cambiato, su tanti fronti, fino a giungere al “discorso della sconfitta” di Matteo Renzi.
Un fatto è certo. Da adesso inizia il terzo tempo. Il seme di un’Italia diversa è stato piantato. C’è stata una sfida bella, aspra, tesa in alcuni momenti, sintomo di un combattimento vero. Una sfida che nella sua conclusione riassume un atteggiamento, un modus operandi diverso, nuovo. C’è una parte del Paese che ieri sera ha scritto una pagina moderna, inusuale e innovativa nella passione civile della nazione. Ieri sera la dignità della politica si è fatta largo in un mare di poca chiarezza a cui da troppo eravamo abituati.
Ieri sera chi ha perso lo ha detto e chi ha vinto ha riconosciuto l’onore delle armi allo sconfitto.
“Non sei pericoloso per ciò che voti, ma sei prezioso per ciò che rappresenti”, ha detto Matteo Renzi rivolgendosi ai giovani e in certo senso all’elettore. Una politica che parla questo linguaggio getta un seme nuovo, getta il seme del coinvolgimento. Certo, la delusione di chi ha perso è notevole, ma la certezza che questo sia un inizio e non una fine è una speranza che si fa largo con la tenacia e il coraggio di chi ci ha provato.
Il Partito Democratico è più forte perché vede in una gara leale la possibilità di una politica nuova, che non cerca l’accordo sottobanco ma la sfida chiara, palese: in una parola il confronto.
Il Partito Democratico ha vinto perché ha vinto il confronto e la possibilità per il partito di esprimersi coralmente. I voti per Bersani e per Renzi non costituiscono una distonia ma la sintonia che solo la partecipazione regala. Ci si conosce meglio ora all’interno del partito e la conoscenza deriva dall’essersi detti le cose in faccia e dal giudizio che di quelle cose il partito ha tramite il voto dei suoi.
Certo, non sono tutte rose e fiori. L’età media di chi ha partecipato al voto che si alza sempre di più, il calo degli iscritti, devono far comprendere a chi guida il partito e la coalizione che ci si riprende solo con una partecipazione che sta sui contenuti e battendosi per la sostanza alla fine fa esprimere tutti. Non si sono scontrate due persone, ma due idee di sinistra, e su quelle idee il partito, quello vero, fatto di elettori ed iscritti, si è espresso e tutti debbono prenderne atto.
Questo è il punto di non ritorno. Il punto a cui una sfida lanciata da Renzi e accettata da Bersani ci ha condotto, e dal quale nessuno può più tornare indietro. Chi resterà ancorato alle logiche vecchie di spartizione a percentuale e di corrente rimarrà per sempre indietro. Il seme del nuovo secolo è stato finalmente gettato, adesso, al politica vera e partecipata ha un tesoro in mano da non sprecare, da non svilire, ma da far crescere e prosperare. Quella politica che ha trascinato nel baratro l’Italia negli ultimi decenni, se continueremo a camminare sulla strada del coraggio, non ci sarà più, almeno nel centrosinistra, ma a ben guardare, anche se a fatica, sta contagiando anche l’altra parte.