Le aste per cedere le società partecipate vanno peggio del previsto e per l'amministrazione Fassino sarà difficile chiudere il 2012 in pareggio. E le possibili sanzioni per lo sforamento del patto di stabilità aggraverebbero la voragine da 3,3 miliardi che grava sulle finanze dell'ente
Saldi di fine stagione. Il Comune di Torino ha messo l’acceleratore sulla vendita delle sue partecipate per pareggiare il bilancio entro fine anno e allontanare lo spettro di un debito che rischia di diventare ingestibile. Anche quest’anno la città governata da Piero Fassino corre infatti il pericolo di non rientrare nel Patto di Stabilità, incappando in sanzioni che aggraverebbero ulteriormente una situazione finanziaria su cui pende un buco da 3,3 miliardi di euro.
La squadra del sindaco Fassino deve trovare in fretta 280 milioni per chiudere il bilancio 2012 in pareggio. Ma per farlo non le basterà vendere quote delle sue partecipate – Trm, Amiat, Sagat e Gtt – come previsto, perché dovrà pure incassarne i profitti entro il 31 dicembre. È una corsa contro il tempo e in questo clima il Comune, per tutelarsi, ha deciso di mettere all’asta una parte del suo patrimonio immobiliare (per circa 29 milioni di euro) e alcuni veicoli del parco macchine, come una Lancia Thesis, l’auto blu usata da Sergio Chiamparino, e addirittura un vecchio autobus Fiat del 1975.
Le cessioni serviranno a “rientrare nel Patto di Stabilità e concorrere alla riduzione del debito della Città”, ha dichiarato Fassino. Una strategia cui si somma l’effetto della legge del governo Monti, che obbliga i Comuni a cedere quote delle partecipate per liberalizzare i servizi. Nell’estate, il sindaco e la sua giunta si sono posti l’obiettivo di recuperare 350 milioni, cedendo l’80% di Trm più il 49% di Amiat, partecipate che gestiscono l’inceneritore del Gerbido e l’intera filiera dei rifiuti urbani; il 49% di Gtt, gruppo torinese trasporti, e il 28% di Sagat, società che gestisce l’aeroporto di Caselle. Ma giovedì, all’apertura delle buste per Trm, Amiat e Sagat, si è scoperto che il Comune incasserà decine di milioni in meno rispetto alle stime iniziali.
Trm e Amiat. La gara per la vendita delle quote di Amiat S.p.A. e della società per azioni Trattamento Rifiuti Metropolitani (Trm) che sta costruendo e gestirà il termovalorizzatore del Gerbido, è stata bandita il 6 agosto 2012. La base era di 140 milioni di euro per Trm e 32 milioni per Amiat, ma dopo una prima asta andata deserta, in seconda battuta è stata presentata solo l’offerta dalla multiutility Iren, in partnership con il fondo F2i di Vito Gamberale per l’inceneritore e con una società di Pinerolo, l’Acea, per la raccolta dei rifiuti. Si è invece defilata definitivamente la milanese A2a. La cifra offerta è di 126 milioni per Trm e 29 per Amiat, per un totale di 155 milioni, 17 milioni meno di quelli preventivati. Iren ha fatto pesare sull’asta i suoi pregressi con la città, deliberando definitivamente l’offerta l’ultimo giorno utile e solo dopo aver ricevuto alcune garanzie come il recupero di 140 milioni del debito che il Comune ha nei confronti di Amiat e un accordo di rientro dal debito che la città ha maturato nei confronti di Iren (circa 300 milioni).
Sagat. Il Comune intende cedere il 28% delle quote della società che gestisce l’aeroporto di Caselle al prezzo di 58,8 milioni. Su questo si stanno confrontando il fondo F2i di Gamberale e Sintonia, del gruppo Benetton, già proprietario al 24,4% della partecipata. Il gruppo Benetton ha offerto 22,5 milioni di euro e potrebbe arrivare così al 52 per cento della società, mentre F2i si è impegnata per 36,4 milioni cui andrebbero sommati altri 5,6 milioni di euro al raggiungimento di determinati obiettivi economici. Il fondo che fa capo a Gamberale ha però posto alcune condizioni, come le dimissioni entro il 31 dicembre dell’amministratore delegato di Sagat, Fausto Palombelli, designato da Benetton, e un nuovo patto tra soci pubblici e privati per rendere subito governabile la società. Per questo l’offerta è stata valutata come irricevibile come già capitato per Gtt.
Gtt. Per la gara relativa a Gtt, aperta il 3 agosto scorso dopo una gara di prequalificazione, tra Trenord, partecipata al 50% da Trenitalia e Regione Lombardia, e Arriva, la prima fase è terminata con l’esclusione dell’unica offerta pervenuta, da Trenord, perché ritenuta irricevibile. Dettava delle condizioni e il bando escludeva tale possibilità. La Giunta si è però riservata, e sono le parole del sindaco Fassino, sulla base delle considerazioni giunte dal concorrente “qualora condivisibili, di presentare al Consiglio quelle deliberazioni necessarie a consentire la positiva conclusione del procedimento”. In parole più semplici, perché la cessione andasse in porto il Consiglio ha modificato alcuni punti dello Statuto di Gtt (Gruppo Torinese Trasporti) per permettere al socio privato di gestire la società pur detenendone solo il 49% delle quote.
Gli scenari. Tutte le contrattazioni sono ancora in corso perciò, a oggi, il Comune non sa ancora su quali fondi potrà fare affidamento a fine anno. E le conseguenze di un fallimento dell’operazione potrebbero essere catastrofiche. Se il Comune sforasse per la seconda volta il “patto di stabilità”, Torino andrebbe infatti incontro a pesanti sanzioni: se nel 2012 lo Stato ha tagliato alla città stanziamenti pari al 10 per cento del deficit, nel 2013 i fondi statali verrebbero tagliati per il 100 per cento della cifra. Uno scenario che provocherebbe non poche difficoltà: per pareggiare il bilancio preventivo del 2013 (da raggiungere alle fine di maggio) la città dovrebbe infatti mettere in cantiere altri tagli. E il passo successivo, se non si riuscisse nell’intento, potrebbe essere il commissariamento.
“Rispetto ad altri capoluoghi in difficoltà Torino non ha mai usufruito di leggi e stanziamenti speciali e ce la stiamo facendo con le nostre forze”, afferma il presidente della commissione bilancio del consiglio comunale Alessandro Altamura, che si dice realista, ma ottimista: “Non escludo che il governo, valutando gli sforzi che tutti i Comuni stanno facendo, decida di posticipare il termine del 31 dicembre 2012, come richiesto dall’Anci”.
di Elena Ciccarello e Andrea Giambartolomei