Nessun accordo. Posizioni sempre più lontane. E’ questo lo stato dei negoziati a Washington sul fiscal cliff, il meccanismo combinato di aumenti delle tasse e tagli alla spesa che entrerà in vigore, a meno di un’intesa, il 1 gennaio 2013. Le parti – Casa Bianca e democratici da una parte, repubblicani dall’altra – sembrano arroccate sulle loro posizioni: i primi vogliono aumentare le tasse per i più ricchi; i secondi chiedono più tagli alla spesa sociale.

Negli show televisivi del week-end i protagonisti dell’ennesima battaglia fiscale americana non hanno potuto far altro che constatare l’impasse. Barack Obama, intanto, ostenta calma. Domenica è andato a giocare a golf con l’ormai inseparabile Bill Clinton. A parte il golf, ci sono soltanto 19 giorni lavorativi da qui alla fine dell’anno perché il Congresso voti una misura che dovrebbe essere decisiva per la riduzione del debito Usa, e che non riguarda soltanto un nuovo sistema di imposizione fiscale ma anche tagli alla spesa, rinnovo del Medicare, assegni di disoccupazione e aiuti all’agricoltura. Obama ha reiterato la posizione sua e dei democratici durante una visita a una fabbrica di giocattoli in Pennsylvania e quindi nel consueto discorso settimanale alla nazione. Il presidente vuole far scadere i tagli alle tasse decisi ai tempi dell’amministrazione Bush per chi guadagna più di 250 mila dollari, mantenendoli invece in vigore per i redditi più bassi.

“Il Congresso può farlo ora – ha detto Obama -. Può dare alle famiglie americane un senso di sicurezza alla vigilia del nuovo anno. E con questo problema alle spalle, avremo più tempo per far scendere il nostro deficit in un modo equilibrato, chiedendo dunque ai più ricchi di pagare un po’ di più, in modo da poter investire in settori come l’educazione e la ricerca, che rendono il nostro Paese forte”. La posizione dell’amministrazione è nota, ed è stata esposta dal segretario al Tesoro, Timothy Geithner, in un incontro con lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner. Obama e i democratici pensano di ricavare 1600 miliardi di dollari in dieci anni dall’aumento delle tasse per i più ricchi – la percentuale di tasse pagate da chi guadagna più di 250 mila dollari salirebbe al 39,6%, la stessa in vigore ai tempi della presidenza Clinton; 612 miliardi arriverebbero da tagli alla spesa; 50 miliardi verrebbero impiegati in nuovi investimenti nel 2013.

Alla Casa Bianca sarebbero demandati nuovi poteri nell’innalzamento del tetto del debito. E’ questa proposta che ha “lasciato allibito” lo speaker John Boehner, che da settimane, a nome del suo partito, chiede tagli consistenti alla spesa sociale e pare del tutto restio a concedere a Obama l’aumento delle tasse per i più ricchi (l’unica cosa che i repubblicani paiono disposti a offrire è la cancellazione di alcune deduzioni impositive per i redditi più alti). Boehner è stato categorico soprattutto nel no a maggiori poteri del presidente nell’innalzamento del tetto del debito: “Il Congresso non rinuncerà mai a questo suo potere – ha detto -. Ho più volte fatto presente a Obama che ogni volta noi raggiungiamo il tetto del debito, abbiamo bisogno di tagli e riforme che sono più ampie dell’aumento del tetto del debito stesso”. Se nel week-end è toccato ancora una volta a Geithner di andare in televisione e rilanciare la posizione dell’amministrazione – “I repubblicani hanno detto che non sono d’accordo con le nostre riforme. Ci dicano allora qual è la loro alternativa”, ha detto il segretario al Tesoro – una nuova bordata di critiche è venuta nelle ultime ore da un altro senatore repubblicano, Orrin Hatch dello Utah, secondo cui la riforma proposta dall’amministrazione avrebbe effetti devastanti sull’economia americana: disoccupazione al 9%, un milione di piccole imprese a rischio chiusura, potere illimitato al presidente in tema di debito.

A parte le polemiche e le divisioni di facciata, quelli che appaiono in questo momento più in difficoltà sono proprio i repubblicani. Obama e i democratici hanno infatti presentato la loro proposta e ora dicono di attendere dagli avversari proposte concrete ed efficaci di riduzione del deficit. Rispetto al passato, tra l’altro, Obama mostra una disposizione molto più attendista. Rafforzato dal mandato popolare ricevuto alle scorse presidenziali, il presidente non pare più desideroso di trovare un accordo a tutti i costi con i repubblicani. Per quest’ultimi si apre invece il vero dilemma. Molti deputati e senatori del GOP hanno firmato, prima delle elezioni, l’impegno a non alzare le tasse di Grover Norquist, il presidente e fondatore degli “American for Tax Reform”. A questo punto, però, il loro ostinato no alla proposta di Obama rischia di apparire come un modo di difendere i soliti privilegiati. L’ha spiegato molto bene uno dei “guru” del pensiero conservatore Usa, Bill Kristol. “Obama ha un messaggio molto semplice – ha detto Kristol -. Voglio abbassare le tasse per la classe media. Temo invece che i repubblicani appaiano come quelli non interessati alla classe media, ma a tenere basse le tasse per i più ricchi”.

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