Concluso il tira e molla sulla legge, approvata all'unanimità dalla commissione cultura di Montecitorio. Verrà istituito un Comitato che dovrà definire l'entità della giusta retribuzione e redigere un elenco dei media che garantiranno il rispetto di queste somme. La mancata iscrizione all'elenco comporterà l'impossibilità di accedere ai contributi statali. Soddisfatto il segretario della Fnsi, Franco Siddi: "E' caduto il muro innalzato da gran parte degli editori"
La Camera ha approvato la legge sull’equo compenso per i giornalisti freelance e i collaboratori autonomi. Dopo mesi di tira e molla, ora è arrivato il via libera, con il voto unanime della commissione cultura di Montecitorio convocata in sede legislativa.
Come ricordato dal sottosegretario all’Editoria, Paolo Peluffo, la legge istituisce una commissione presso il dipartimento Editoria della presidenza del Consiglio che dovrà definire l’equo compenso e redigere un elenco dei media che garantiranno il rispetto delle retribuzioni. “Mi auguro – dice Peluffo – che tutti, sindacati dei giornalisti, datori di lavoro, ministeri interessati, l’Inpgi, l’Ordine dei giornalisti collaborino per cercare assieme soluzioni equilibrate che rispondano all’obiettivo posto dalla legge. Legge che rappresenta una novità importante non solo nel nostro Paese ma nello scenario europeo perché sancisce il valore economico e sociale dei lavoratori della conoscenza, in un momento di totale trasformazione dell’editoria verso il digitale”.
“L’approvazione della legge sull’equo compenso riporta finalmente parametri economici accettabili nel selvaggio mondo delle collaborazioni giornalistiche”, hanno commentato i deputati componenti della commissione cultura Giancarlo Mazzuca e Emerenzio Barbieri. “L’esigenza di un provvedimento legislativo sulla materia era quantomai urgente, come avevano anche ricordato tempo fa il presidente della Repubblica e il presidente del Senato, che avevano sollecitato una positiva e rapida conclusione dell’iter legislativo. La legge sull’equo compenso è una risposta di civilità contro il precariato selvaggio che affligge larghe aree dell’informazione e permette a troppi editori senza scrupoli di sfruttare oltre ogni limite il lavoro dei giornalisti”.
“Una pagina bella per il Parlamento”, commenta Silvano Moffa, primo firmatario del provvedimento in una conferenza stampa alla Camera con il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, e il presidente della Fnsi, Roberto Natale, oltre a numerosi parlamentari che hanno lavorato al provvedimento. Tra questi Enzo Carra (Udc), Fabio Granata (Fli), Andrea Sarubbi (Pd), Giorgio Lainati (Pdl). “Questo provvedimento – continua Moffa – è nato attraverso il concorso di tutti. Era doveroso intervenire per porre fine a una situazione che in alcuni casi, come ha detto giustamente il presidente Iacopino, rasenta la schiavitù. Ci trovavamo in una giungla sostanziale, senza alcuna tutela né regole certe per i giovani. Abbiamo fatto un lavoro enorme che non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato l’impegno della Federazione nazionale della stampa che rappresenta oggi i giornalisti italiani”.
Manuela Ghizzoni del Pd sottolinea “il fatto che questa è una delle pochissime leggi approvate all’unanimità. Tutti i gruppi hanno dato il loro contributo e assenso. Questo è un atto che testimonia la vicinanza che ha la commissione con un mondo che sta vivendo una fase molto difficile”.
Soddisfatto anche il segretario della Fnsi, Franco Siddi: “Con la legge sull’equo compenso per i giornalisti freelance e collaboratori autonomi cade un muro, quello innalzato dalla gran parte degli editori italiani, che si opponevano a considerare questa una realtà del lavoro meritevole di giusti trattamenti economici e obblighi sociali. Un grazie speciale a quanti in Parlamento hanno voluto questo risultato.La legge non risolverà tutto, ma nessuna azienda potrà più permettersi di ignorare che un freelance o giornalista collaboratore chiamato a fornirgli servizi d’informazione (oggi spesso pagato entro i 5 cinque euro ad articolo) sia un lavoratore che dev’essere pagato il giusto e immediatamente. Non si potrà più dire che si tratta di ‘imprenditori di loro stessi’ per attuare volgari forme di sfruttamento“.
LA LEGGE NEL DETTAGLIO – L’articolo 1 della legge spiega che per compenso equo si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione, nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria.
L’articolo 2 prescrive l’istituzione, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, della Commissione per la valutazione dell’equo compenso. La Commissione – che dura in carica 3 anni – è istituita presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri, che provvede al suo funzionamento con le risorse di cui dispone. La commissione è composta di 7 membri ed è presieduta dal Sottosegretario all’editoria. La Commissione definisce il compenso equo entro due mesi dal suo insediamento, valutate le prassi retributive. Nello stesso termine, la Commissione deve redigere un elenco, costantemente aggiornato, dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive che garantiscono il rispetto di un equo compenso, dandone adeguata pubblicità.
Secondo l’articolo 3 della legge, a decorrere dal 1 gennaio 2013, la mancata iscrizione in tale elenco per un periodo superiore a sei mesi comporta la “decadenza dall’accesso” ai contributi in favore dell’editoria. L’articolo 4 dispone la presentazione alle Camere di una relazione annuale sull’attuazione della legge.