In molti chiedono il ritiro del dl firmato ieri da Napolitano, ma per altri è l'unica via. Il ministro dell'Ambiente da Doha: "Io sto alla legge ed è quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Se qualcuno vuole rispettarla non è questo di cui mi occupo. Mi interessa far ripartire il risanamento”
A meno di dodici ore dall’emanazione del decreto i legali dell‘Ilva hanno depositato alla Procura di Taranto una istanza con la quale chiedono l’esecuzione di quanto contenuto nel dl firmato dal presidente della Repubblica ed entrato in vigore ieri, consentendo così all’azienda di rientrare in possesso degli impianti sequestrati. Contestualmente il gruppo ha rinunciato all‘istanza di dissequestro del prodotto finito e semi lavorato, istanza che doveva essere discussa dinanzi al tribunale del Riesame il 6 dicembre prossimo.
”Mi interessa far ripartire l’azione di risanamento e mi auguro che nessuno si opponga a questo obiettivo che è sempre più urgente” fa sapere il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ida Doha. Interpellato su un’eventuale azione della magistratura sul decreto legge sull’Ilva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale sottolinea: “Io sto alla legge ed è quella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Se qualcuno vuole rispettarla non è questo di cui mi occupo. Mi interessa far ripartire il risanamento”.
Ma sull’iniziativa del governo Monti si stanno addensando i dubbi. Il ritiro del provvedimento viene, per esempio, chiesto da esponenti della Rete 28 Aprile Cgil, dell’Usb (Unione sindacale di base), dell’Associazione giuristi democratici, del Forum diritti/lavoro, da docenti universitari e da costituzionalisti. Tutti ritengono che il decreto debba essere sostituito, “come primo atto, dalla nazionalizzazione dell’Ilva”. Secondo i firmatari dell’appello, “il decreto con cui il governo ha autorizzato la produzione all’Ilva di Taranto viola il diritto alla salute, i diritti del lavoro e la Costituzione. Per due anni si continuerà a produrre in condizioni di continuo attentato alla salute e alla vita dei lavoratori e dei cittadini, ribaltando il principio costituzionale che prima si risana e si mette in sicurezza e poi si produce”. Tutto questo, osservano, si realizza “scavalcando un atto dovuto della magistratura e cedendo ai ricatti di una azienda criminalmente latitante”. Ma “un’altra strada – è detto nell’appello – è possibile e giusta: espropriare Riva e pretendere il risarcimento di tutti i danni e il finanziamento degli investimenti necessari; affidare al potere pubblico con un reale potere di controllo dei lavoratori a cui dovrà essere garantito il reddito, la gestione del risanamento e di un piano industriale di ripresa produttiva”.
Il “comitato donne per Taranto” chiede alla Procura ionica di “sollevare il conflitto di attribuzione e di non dissequestrare gli impianti che provocano malattia e morte”. Il Comitato in una nota ricorda che domani (dalle 10 alle 17) parteciperà sotto la prefettura di Taranto, insieme ad altre associazioni, comitati e cittadini, “al sit-in di sostegno alla magistratura e di denuncia verso un governo che ci sta ‘uccidendo’ a norma di legge”. Secondo Rosella Balestra, portavoce del Comitato, “quanto sta accadendo ai danni della nostra vita, della nostra salute, della nostra economia non può più essere ignorato. Nessuno di noi si sente tutelato dalla proprietà Ilva, ma nemmeno da politici e amministratori, da governo e controllori”. “Ora che i tarantini conoscono la verità, ora che si sono sentiti offesi da scelte vergognose, e traditi dai loro stessi politici e amministratori saranno pronti a difendere, anche a denti stretti, quanto – conclude Balestra – di più prezioso viene strappato a beneficio di una economia nazionale che sta attingendo dal nostro sangue e da quello dei nostri figli”.
Anche il Wwf Italia esprime “forti preoccupazioni”. L’allarme dell’associazione ambientalista nasce “non solo perché si è generato un conflitto tra poteri dello Stato, che indebolisce la forza delle istituzioni e favorisce quella degli inquinatori”, ma “soprattutto perché sulla base di questo precedente si sta consolidando una normativa che scardina tutte le norme di garanzia sulla salute e sull’ambiente conquistate negli ultimi anni” afferma Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia, che commenta così i contenuti del cosiddetto secreto Salva-Ilva pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale.
Poche le voci a sostegno. La firma del decreto “è sicuramente una buona notizia” per il segretario della Uil Luigi Angeletti. “L’ unica strada percorribile per salvare e ripristinare questo stabilimento non può essere altra se non quella di coniugare lavoro e ambiente”. Il segretario della Uil ha poi ricordato che “non esistono per lavoro e occupazione ricette miracolose ma buone politiche che possono essere applicate dal Governo. Tra queste importante è quella di una diminuzione della tassazione sul lavoro e del cuneo fiscale. Questo rimetterebbe in moto il mercato e riaccenderebbe la domanda interna”.
“Apprezzo molto questo atto del Capo dello Stato, che credo sia nell’apprezzamento ovvio di tutti, perché permette di
sbloccare una situazione che era sempre pi§ drammatica, tragica per decine di migliaia di persone, preoccupate per il lavoro e, allo stesso tempo per la salute propria, dei loro figli e delle loro famiglie” dice il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivecovo di Genova. “Come sempre, in queste situazioni complesse – aggiunge il porporato – non si può dare un taglio netto alle cose ma bisogna cercare di trovare una via mediana, che consenta, con i tempi ragionevoli, certamente più’ rapidi possibili, di poter salvaguardare il bene della salute e del lavoro“.