La prima volta che ha visto Berlino, Stefano Gualdi aveva quasi 40 anni, un’esperienza come curatore di mostre d’arte contemporanea e una reputazione già consolidata nella piccola realtà di Reggio Emilia. Eppure la capitale tedesca l’ha attratto immediatamente. “Mi ha colpito subito la vitalità, l’interesse, la curiosità applicata a tutti i settori. L’idea che fosse normale vivere occupandosi di arte mentre qui in Italia è ancora considerato un hobby, una passione, qualcosa da fare nel tempo libero. Così ho deciso trasferirmi per ricominciare, partendo da quello che sapevo fare, mediare tra la cultura e le persone”. Il luogo dal quale ripartire è un locale sguarnito di pochi metri quadri affittato per pochi soldi dove Stefano inizia a organizzare mostre dedicate ad artisti italiani, spagnoli e tedeschi. L’esperienza dura pochi anni, fino a quando una nuova intuizione impone un’altra svolta alla sua carriera.
“C’è una parola tedesca, Kunstvermittler, che vuol dire mediatore culturale. È una figura che in Italia ha poco credito perché spesso è legata a interessi particolari. Qui indica chi tratta concetti e materie poco conosciuti e li diffonde ai non addetti ai lavori. È nata così l’idea della mia agenzia, che organizza tour tematici per turisti-viaggiatori incentrati sull’arte, sul design, sull’architettura, sulla moda, sulla street art”. La strada è quella giusta e l’agenzia cresce rapidamente, attirando l’attenzione dei media nazionali e internazionali. Merito di Stefano, ma anche di un ambiente che favorisce chi ha coraggio e creatività. “È interessante vedere come a livello istituzionale, lo sviluppo di Berlino si fondi su tre pilastri: il turismo che cresce il 9% l’anno e conta oggi ufficialmente 21 milioni di turisti ogni anno, la ricerca scientifica, con il parco tecnologico di Adlershof, una specie di Silicon Valley nel cuore dell’Europa. Infine la creatività spalmata su tutti i settori: videogiochi, nuovi media, moda, design, architettura, urbanistica, arte contemporanea”.
Non è solo una questione di leggi e strategie. A Berlino, ci spiega Stefano, si percepisce uno stato d’animo che è il risultato di un processo storico ancora in atto, in tutti i settori della società. “Berlino non è una città completa, ha ancora vuoti da colmare, per cui i giovani creativi intuiscono che qui possono fare qualcosa, riempire quei vuoti, con un progetto, un’idea, un’impresa di qualsiasi tipo. Parlo di servizi, ma se vogliamo anche di spazi fisici. Anche in Italia c’è la tendenza, soprattutto a livello istituzionale, a riempire dei vuoti inventando figure professionali. La differenza è che quelle figure rispondono all’interesse di pochi, servono a distribuire favori e stipendi, non a offrire un servizio che migliori la vita della collettività”. Per questo l’idea di rientrare nel suo paese è ancora lontana, anche se, ammette Stefano, “tutti gli italiani che vivono all’estero ci pensano”. Nonostante ci viva da oltre dieci anni, la forza di attrazione della capitale tedesca è ancora palpabile. “Berlino è una città anomala, un laboratorio di razze, nazionalità, che mutano in continuazione. Chiunque arriva qui, percepisce la possibilità di realizzare il proprio progetto e si gioca tutto per farlo, anche se poi fallisce. C’è un’intensità, una densità a livello esistenziale che si traglia con il coltello”.