Vento, gelo, grandine e pioggia, l’inverno è arrivato anche in Medio Oriente. Sono oltre 200.000 i bambini siriani che in questi giorni hanno iniziato a patire il freddo. A denunciarlo è Save the children nel suo rapporto “Out in the cold” in cui lancia un appello alla comunità internazionale per un intervento immediato. Servono materassi, coperte, vestiti pesanti, acqua calda, medicine e gas per i riscaldamenti, in altre parole servono 200.000 milioni di dollari per far fronte all’emergenza freddo. Molti profughi infatti sono fuggiti in estate con abiti leggeri e scarpe aperte. La distribuzione di questi beni essenziali al momento non copre che la metà dei circa 400.000 rifugiati siriani registrati dall’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati) in Turchia, Libano, Giordania e Iraq. Se non si agisce subito “crescerà il numero dei bimbi malati e la diffusione dei virus influenzali” fa sapere l’Organizzazione.
Al momento oltre alla costruzione di aree a misura di bambino l’Ong sta finanziando anche progetti di costruzione di nuove abitazioni per chi continua a fuggire dalla Siria in guerra. Secondo stime delle Nazioni Unite, entro la fine dell’anno il numero dei profughi dovrebbe raggiungere quota 700.000, due terzi dei quali sono rappresentati da minori.
Insieme a Save the children visiamo alcune famiglie in una tendopoli spontanea nella Beqaa, in Libano, vicino la località di Bar Elias. Oltre trecento persone vivono in uno stato di totale indigenza. “Nelle tende d’estate entrano ratti e ragni – racconta Umm Kayrat una donna di Homs (martoriato quartiere di Bab Amro) arrivata in Libano un anno fa. – D’inverno invece entra la pioggia e il fango, ho dovuto spostare la mia tenda più di una volta perché era rimasta sommersa”. Intorno alla tendopoli, costruita con teloni di plastica simili a quelli per insaccare le patate, i bambini giocano tra greggi di pecore e rifiuti, con i piedini immerse nel fango. Non hanno scarpe chiuse ma solo ciabatte, le temperatura di giorno è intorno ai quindici gradi mentre di sera scende fino a cinque.
A breve nella Beqaa inizierà a nevicare. Sfogliando il rapporto “Out in the cold” si scopre poi che molte famiglie dormono in ovili, stalle e fienili. I piccoli soffrono di malattie respiratorie, i grandi di reumatismi. Senza poter andare a scuola, perché troppo lontana, i bambini di questa tendopoli passano la giornata a rovistare cose da ardere nelle stufe delle loro tende. “Non abbiamo soldi per comprare il gasolio – spiega Umm Krayem – bruciamo la legna che troviamo”. Non ce n’è uno che non tossisca a causa di patologie respiratorie o del raffreddore. Il freddo poi taglia la pelle, i più piccoli si grattano le gote screpolate fino a sanguinare provocandosi brutte croste sul viso. Non mancano poi i casi drammatici di bambini che con l’arrivo del freddo hanno perso la vita a causa di polmoniti fatali. Sarebbero otto i casi registrati in Giordania nel campo di Zaatari ma il dato, rivelato in via confidenziale dall’Ong, non si trova nel dossier perché i medici che seguono i piccoli non hanno stabilito ancora un legame diretto tra freddo e decesso.
Il campo di Zaatari si trova comunque nel deserto giordano, troppo caldo d’estate e freddissimo in inverno. L’intensificazione dei bombardamenti a Damasco (città meta finora degli sfollati interni siriani) sta riversando nuove persone in Libano a ritmi di 3.000 la settimana. “Abbiamo bisogno di tutto – spiega Abu Naief, 55 anni, baffi neri e kefia rossa in testa – soprattutto di cibo e acqua, per bere e per lavarci”. “Da quando diamo da mangiare ai bambini solo uova e patate si ammalano più spesso – aggiunge Umm Krayem – e anche un raffreddore diventa una malattia inguaribile”. Umm Krayem ci porta poi nella tenda affianco per farci vedere una bimba disabile. “Ayat ha sette anni e un ritardo mentale grave, non parla e soffre di epilessia – racconta Khadija madre di altri tre figli oltre ad Ayat. La bambina è legata, in piedi, sotto la tenda, senza scarpe, non cammina da giorni, anche se sarebbe in grado di farlo. A poca distanza dal rifugio di Ayat, tre fratellini dormono sotto la stessa coperta, mentre una famiglia intera si è costruita una un rifugio utilizzando cartelloni pubblicitari. Nel tentativo disperato di ripararsi da vento gelo, grandine e pioggia.
di Susan Dabbous