Il prossimo 12 dicembre Il Fatto Quotidiano organizza due ore di trasmissione in streaming e su diverse emittenti private sul tema “Chi vuole la libertà?”. Perché nessuna televisione nazionale o grande giornale si sia accorto in questi anni di dove stava andando a finire il nostro paese?
Una bella iniziativa, utile però non solo per fare un’analisi della devastazione che ha colpito negli ultimi decenni il sistema dell’informazione italiano ma anche per denunciare la mancanza di un impegno serio del governo e della politica per la cancellazione della Gasparri. Soprattutto la vergogna televisiva è stata infatti il frutto della mancanza assoluta di legalità. Non è che le leggi non ci fossero ma esse sono state sempre leggi di favore, applicate ancora peggio. Nonostante le ripetute pronunce della Corte Costituzionale non è stato possibile approvare una riforma moderna e pluralista della Rai e dell’emittenza televisiva, e questo anche per colpa del centrosinistra.
Purtroppo è una cosa che ci siamo detti tante volte, direte voi. Si ma adesso l’argomento dovrebbe tornare di attualità anche se fa un po’ effetto vedere chi guardava con sufficienza, se non con scherno, questi temi prendere in mano la battaglia del conflitto di interessi e dell’antitrust televisiva (uso l’impropria espressione che utilizzano loro) per semplice propaganda personale. Vedremo se alle chiacchiere seguiranno i fatti. Intanto continua il misfatto delle frequenze e della pubblicità in perfetta continuità con il passato. Per non parlare del servizio pubblico che vive ormai una crisi permanente dalla quale certo non uscirà con ricette da banchieri di provincia. Poi c’è il capitolo della Rete. In prospettiva quello più delicato. Sono in corso vari tentativi per limitarne la libertà. Qualche anima pia nel Governo si è spinta a dire che è ora che ad Internet venga data una regolata, che bisogna seguire l’esempio dei francesi e prevedere norme pesanti di intervento per impedire e far chiudere questo o quello sulla rete.
In questi giorni è in corso a Dubai una conferenza internazionale dell’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di telecomunicazioni (ITU) sul tema delle regole da dare o non dare ad Internet. Quale sarà la posizione italiana? Dove e con chi è stata discussa? Speriamo che non si ripeta quello che accadeva in queste sedi quando si parlava di frequenze. Quanto infine al passato, giusto esaminarlo.
Ad alcuni di noi basta il ricordo di non essersi mai piegati in anni in cui tanti, più o meno consapevolmente, facevano finta di non capire. C’era una specie di guerra in cui pochi resistevano e molti facevano compromessi. Dunque è molto importante che costoro cambino, ma per favore ci risparmino la predica di cosa bisognava fare e non è stato fatto. Per loro, fino a qualche giorno fa, noi eravamo solo biechi estremisti. Ci dicano invece cosa pensano dei nuovi bavagli dell’informazione, che non parla mai del profondo malessere della nostra società, che sempre più rappresenta la rete come un mostro da mettere in riga, che fa ancora scempio di se stessa al servizio del potere.