Sono frammenti di materiale genetico chiamati micro RNA e, se somministrati a un cuore che ha subito un infarto, sono in grado di rimettere in moto la replicazione delle cellule del cuore e quindi di stimolare la riparazione del danno non attraverso la formazione di una cicatrice (come avviene normalmente) ma promuovendo la formazione di nuove cellule cardiache. Tutto ciò è stato realizzato per ora nei topi e si spera possa avvenire presto sull’uomo. Con uno screening robotizzato, il team dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste ha analizzato la funzione di tutte le molecole di RNA con funzione regolatoria che vengono codificate dal genoma umano, scoprendo che 40 di questi micro Rna stimolano la proliferazione delle cellule adulte del cuore.

Alcuni sono proprio quelli normalmente attivi durante lo sviluppo embrionale, quando il cuore si forma e le sue cellule sono ancora in grado di replicarsi, ma la loro ‘espressione’ si spegne immediatamente dopo la nascita. Lo studio, svolto interamente a Trieste, è stato coordinato dal Direttore dell’ICGEB di Trieste Mauro Giacca con il contributo di Ana Eulalio, Miguel Mano, Lorena Zentilin e Serena Zacchigna, ricercatori dell’ICGEB e Matteo Dal Ferro e Gianfranco Sinagra, del Centro Cardiovascolare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Trieste. Di fatto, il processo biologico segue la stessa modalità con cui si ripara il cuore delle salamandre e dei pesci, funzionalità persa dai mammiferi durante l’evoluzione. Questi micro RNA potrebbero essere sviluppati per produrre farmaci che, inoculati dal cardiologo nel cuore subito dopo l’infarto o nei pazienti con scompenso cardiaco, stimolano la rigenerazione di porzioni del cuore riparando quindi le parti danneggiate.

Cercare di riparare i cuori danneggiati da patologie cardiache o dall’età, oggi rappresenta uno degli obiettivi più importanti della ricerca medica. Una persona su tre muore a causa di una patologia cardiovascolare; 15 milioni di nuovi casi di scompenso cardiaco vengono diagnosticati ogni anno, di cui l’80% causati dall’ischemia dopo infarto; ospedalizzazione e terapia costa il 2% del Pil dei Paesi industrializzati, ma i farmaci disponibili sono essenzialmente quelli sviluppati fino agli anni ’90. L’articolo che descrive la ricerca sarà pubblicato sulla rivista inglese ‘Nature’, che dedica alla scoperta dei laboratori triestini un ‘full article’ con un editoriale di accompagnamento nel prossimo numero. L’ICGEB opera dal 1987 a Trieste, dove c’è la Direzione Generale; ulteriori sedi sono a New Delhi e Cape Town.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Melanoma, all’istituto Pascale nuovo test che “prevede” risposta immunitaria

next
Articolo Successivo

Matematica, addio a Hormander studioso delle equazioni differenziali

next