La battuta del leghista Roberto Calderoli sintetizza come, nonostante il provvedimento, su richiesta dell’Udc, resti in calendario al Senato, sia difficile ipotizzare che, alla fine, si vada a votare con un sistema diverso dal Porcellum. “Finché c'è Aula c'è speranza”, ironizza il presidente della Commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini
“Il maiale può dormire sonni tranquilli…”. Il senatore leghista Roberto Calderoli, inventore della legge elettorale da lui stessa chiamata “Porcellum” sintetizza con una battuta il clima di incertezza che si respira nei palazzi riguardo alla possibilità di modificare il sistema di voto a pochi mesi dalle politiche. Nonostante il provvedimento, su richiesta dell’Udc, resti, infatti, in calendario in Aula al Senato, è difficile ipotizzare che, alla fine, si vada a votare con un sistema diverso dal Porcellum.
Durante il vertice di oggi a Palazzo Grazioli, secondo quanto riferiscono alcuni partecipanti, Silvio Berlusconi avrebbe ribadito la propria volontà di non cambiare l’attuale legge anche per tenersi la possibilità di scegliere chi candidare. Dall’altro lato il Pd, che sondaggi alla mano sarebbe comunque avvantaggiato dal Porcellum, si sta già attrezzando all’eventualità che resti questa legge. E pensa a primarie per gli eletti sulle quali, però, va registrato più di qualche malumore interno al partito.
In ogni caso nessuno è disposto a restare con il cerino in mano della mancata riforma per cui ripartono i contatti per un’intesa in extremis che possa portare all’ok a un testo del Senato ma che potrebbe, poi, non vedere comunque la luce alla Camera.
Questa sera, a quanto riferiscono alcune fonti, ci saranno contatti telefonici tra Denis Verdini e Maurizio Migliavacca che seguono per Pdl e Pd la partita della riforma dal punto di vista politico. Anche domani in mattinata ci saranno contatti prima che la Commissione Affari costituzionali si riunisca sulla riforma nel primo pomeriggio. Sul piatto, c’è il ‘lodo Quagliariello’ che prevede una soglia al 40% solo oltre la quale si incassa un premio del 54% e, se nessuno la raggiunge, un premio di 50 seggi da assegnare al primo partito se ha superato almeno il 25%. Il Pd non chiude del tutto conscio anche del fatto che la strada della riforma è molto lunga e complessa e soprattutto c’è il passaggio alla Camera con i voti segreti che è tutt’altro che scontato.
L’approdo in Aula al Senato è comunque, di fatto, rinviato alla prossima settimana visto che il testo resta in calendario domani o martedì dove concluso in commissione ed è praticamente impossibile che questo accada domani. “Finché c’è Aula c’è speranza…”, ironizza il presidente Carlo Vizzini che, in ogni caso, avverte, “nessuno pensi di lasciare con il cerino in mano la commissione e il suo presidente”. In ogni caso, visto anche il pressing del Quirinale per la riforma, è certo che comunque un testo uscirà dal Senato. Il presidente di Palazzo Madama, Renato Schifani, è determinato su questo punto e ha fatto sapere che la commissione può lavorare anche nel weekend e l’Aula anche tra Natale e Capodanno per la riforma. Il nodo resta, poi, comunque, il passaggio alla Camera che potrebbe essere il de profundis della riforma.