Il Pdl continua a brancolare nel buio e nonostante il vertice fiume convocato a palazzo Grazioli, resta bloccato su primarie, election day, legge elettorale e soprattutto sull’eventuale nuova discesa in campo di Silvio Berlusconi. Non è bastato un faccia a faccia di 4 ore con tutto lo stato maggiore del partito per sbloccare lo stallo. E non basta nemmeno la nota diffusa al termine dell’incontro: “Abbiamo avviato una discussione proficua, in un clima costruttivo, su come rilanciare unitariamente il Popolo della Libertà in prossimità delle impegnative scadenze elettorali. Il progetto di rilancio – che coinvolge il partito nella sua interezza – mira a rafforzare un centrodestra moderno e competitivo, alternativo alla sinistra, per tornare alla guida del Paese, nella convinzione che le diversità costituiscano un arricchimento”. Parole che, molti, all’interno del partito, definiscono “dichiaratamente democristiane” e che unite alle informazioni trapelate, fanno arrivare a una sola conclusione: il Cavaliere non ha sciolto le sue riserve in merito alla sua candidatura e al progetto di un nuovo partito. La riunione è stata aggiornata a giovedì, in attesa delle decisioni che prenderà il Consiglio dei ministri sul provvedimento per incandidabilità e liste pulite.
Io non mi candido perché non mi volete. Con queste parole, un Berlusconi in piena si sarebbe lasciato andare ad un lungo discorso contro un partito che, a suo dire, gli ha voltato le spalle, lasciandolo solo anche in momenti ‘difficili’. Il Cavaliere, viene riferito, cita l’episodio che più lo ha amareggiato: solo una decina di comunicati a suo sostegno quando ha subito “una indegna condanna per la vicenda Mediaset“. Berlusconi esprime ai ‘big’ del Pdl tutta la sua amarezza per un partito che lui ha creato e che ora sembra addirittura pronto a considerare l’ex premier un capitolo chiuso. Parole dure che sono sembrate ai presenti, riferiscono alcune fonti, quasi una ‘sfida’ del Cavaliere al vertice del partito ad uscire allo scoperto e mettere tutte le carte in tavola. Il lungo j’accuse dell’ex premier è apparso però più una strategia per continuare a tenersi le mani libere e non chiudere a nessuna possibilità che un ‘rimettersi’ alle scelte del Pdl. Tanto che, fatta eccezione per Bondi e Verdini, è calato il silenzio, non una parola di smentita sulle accuse subite di ‘tradimento’. Al massimo c’è chi ha sconsigliato a Berlusconi di ricandidarsi. Dietro alle parole del Cavaliere, infatti, da tempo si cela l’intenzione mai chiarita di arrivare allo strappo per poi sparigliare le carte e scendere in campo, magari con una sua nuova creatura politica.
Ecco tutti i nodi di casa Pdl
ELECTION DAY- La partita si gioca soprattutto sul calendario degli appuntamenti elettorali, che è – appunto – ancora in alto mare: il Tar ha anche annullato il decreto Polverini che fissava le elezioni nel Lazio per il 10-11 febbraio, affermando che la prima data utile è quella del 3 e 4 febbraio. Un ulteriore ostacolo all’ipotesi di una giornata unica in cui unificare le consultazioni locali e politiche. L’ex premier e i big del partito (non a caso al vertice ha partecipato anche Renata Polverini) aspetterebbero “segnali da parte dell’esecutivo sulla possibilità di tenere o meno l’election day”. Nella mattina di martedì, il vincitore delle primarie di centrosinistra Pierluigi Bersani aveva detto no proprio all’election day: “E’ sensato tenere separate elezioni regionali e politiche”. Inoltre si era detto pronto a una battaglia elettorale con l’ex premier: “Mi vuole sfidare? Non vedo l’ora”.
PRIMARIE E CASO EX AN – I tira e molla delle ultime ore all’interno del Popolo della libertà dimostrano come ancora una volta tutto dipenda da Berlusconi. Le primarie sono destinate – se non a un annullamento – a un forte ridimensionamento, visto che a 10 giorni dalla data fissata non esiste una vera campagna elettorale e i candidati stessi ritrattano continuamente sul proprio ruolo. Perfino il segretario Angelino Alfano, nelle scorse settimane ha detto di essere pronto a ritirare la propria candidatura piuttosto che competere con degli indagati (e non risulta che Gianpiero Samorì e Alessandro Proto, entrambi sotto inchiesta, abbiano fatto un passo indietro). E poi c’è la frattura, non ricomposta, con gli ex An. Tanto che oggi il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ironizzato: “Ci sono questioni che ci hanno diviso e che ci dividono. I colonneli sono tali perché hanno sempre bisogno di un generale”.
B. DI NUOVO IN CAMPO? – Il co-fondatore del Pdl ha fatto la sua previsione sulla nuova discesa in campo del suo ex alleato: “Berlusconi in campo? E’ probabile ma e’ imprevedibile. Il Pdl si dovrebbe chiedere per quale motivo ha perso metà del consenso di voti, non credo perché Berlusconi sia stato poco presente o poco incisivo, semmai il contrario”. Al di là delle ipotesi di Fini, sono molti gli indizi che lasciano immaginare Berlusconi vicino alla creazione di un nuovo soggetto politico che vada oltre l’esperienza del Pdl. Del resto, i sondaggi parlano chiaro: e gli ultimi danno il Popolo della libertà al 15%, meno della metà dei voti attribuiti al Pd.
LEGGE ELETTORALE – “E’ stata scelta una linea costruttiva per la riforma della legge elettorale che va fatta adottando meccanismi equilibrati”. Così si legge in un passaggio della nota diffusa al termine del vertice a palazzo Grazioli. L’ultima bozza presentata da Quagliariello, a differenza di quella a firma Calderoli, propone di assegnare 50 seggi al partito che supera la soglia del 25%. Ma il Partito democratico non ci sta. “Il Pd ciurla nel manico, in realtà vuole solo tenersi il Porcellum”, dice il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri. Intanto continua l’incertezza anche sulla calendarizzazione: la conferenza dei capigruppo a Palazzo Madama ha stabilito che la riforma elettorale sarà all’ordine del giorno dell’Aula del Senato per giovedì o per martedì.