Presentati oggi a Roma i risultati di nove progetti di ricerca statali sul cibo e l’agricoltura bio, che hanno coinvolto il Cnr e alcune importanti università d’Italia. I risultati testimoniano gli effetti positivi sulla salute delle persone che lo consumano
Che i prodotti biologici siano più buoni dei convenzionali è un fatto certo. Ma che siano più nutrienti, o meglio più salutari, è un argomento che è stato molto dibattuto negli ultimi mesi e anni. Specie dopo che due rassegne scientifiche sistematiche, una fatta in America e l’altra in Inghilterra, e ampiamente citate in quotidiani e libri di mezzo mondo, hanno mostrato che non ci sarebbero abbastanza studi per affermare che il biologico sia più salutare. Eppure oggi a Roma sono stati presentati i risultati degli studi di nove progetti di ricerca finanziati dal ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che hanno coinvolto il Cnr e il Cra e alcune importanti università italiane, e che mettono in luce il contrario: il cibo biologico è più salutare del convenzionale sotto diversi aspetti.
Ad esempio nello studio Biopomnutri si è visto che i pomodori biologici freschi e trasformati, rispetto a quelli convenzionali, sono più ricchi di antiossidanti e polifenoli, cioè micronutrienti di cui è stato ampiamente provato il legame con la prevenzione del cancro, delle malattie cardiovascolari e cronico-degenerative in genere. Dunque ci fanno vivere più sani e più a lungo. Anche perché, come dimostra lo studio Psnb-Cer demolendo una delle critiche più mosse al biologico, i prodotti da agricoltura biologica come ad esempio i cereali non contengono più micotossine di quelli convenzionali. Ma anzi, pur non avvalendosi di fungicidi, sono meno esposti a contaminazioni fungine, per la maggiore attenzione prestata alle buone pratiche agronomiche, in particolare la rotazione colturale e la diversa e ridotta quantità di residui vegetali delle colture precedenti. Quindi il prodotto biologico è più sicuro dal punto di vista igienico-sanitario. Tutto ciò porta a una riduzione di additivi nel prodotto biologico trasformato, con ulteriori effetti positivi sul benessere del consumatore: come l’eliminazione o la riduzione dell’anidride solforosa, ad esempio nel processo di trasformazione delle albicocche biologiche essiccate (studio Elisolqua) o nei vini biologici (studio Euvinbio). D’altra parte biologico significa, oltre a non usare Ogm, evitare fertilizzanti e diserbanti chimici di sintesi, insetticidi e anticrittogamici; adottare la rotazione delle colture e la salvaguardia dell’ambiente circostante per far prosperare la fauna utile; allevare animali con alimentazione da pascolo o foraggi biologico e senza uso preventivo di antibiotici. Ma biologico significa pure, nella fase di trasformazione dei prodotti, evitare coloranti, conservanti e inutili additivi.
Ovviamente, poi, nei prodotti da agricoltura biologica si trovano meno batteri resistenti agli antibiotici e soprattutto molti meno pesticidi, cioè fitofarmaci, che sono direttamente legati a diverse malattie, anche incurabili: fin dalla fase fetale della nostra vita. Gli effetti nocivi si aggravano enormemente, quando si combinano più pesticidi assieme. Peraltro è già accaduto che studi scientifici abbiamo trovato valori di pesticidi, nei prodotti agricoli convenzionali in Italia, superiori a quelli di legge. Invece l’agricoltura biologica si fonda sulle pratiche tradizionali dell’agronomia classica, più faticose, attribuendo una grande importanza alla scelta della varietà più adatta da coltivare. Quindi sulla biodiversità. Pertanto molti degli studi del ministero si sono concentrati sull’individuazione delle varietà più adatte al sistema di produzione biologico. Da ciò è emersa la prima forte criticità del settore: la difficoltà a reperire materiale sementiero e varietale adatto al biologico o prodotto con metodo biologico. Il settore vivaistico e quello sementiero sembrano ancora poco interessati al settore. La scarsità di materiale, unita alla grande eterogeneità di ambienti ove sarebbe necessario testare le varietà più adatte, è uno dei maggiori fattori limitanti non solo della ricerca ma anche della produzione. Un problema analogo lo si riscontra nell’acquacoltura biologica.
“Altri motivi per scegliere biologico – commenta la professoressa Laura di Renzo, dell’Università di Roma Tor Vergata coinvolta negli studi – sono una maggiore protezione anche da eczemi, asma e allergie. Ci sono poi effetti positivi sulla flora intestinale e quindi sulla produzione vitaminica. E si riscontra una minore incidenza di problemi neuro-comportamentali, osteoporosi ed emicrania. Abbiamo pure riscontrato un cambiamento della composizione corporea, con un aumento della massa metabolicamente attiva. Chi mangia biologico ha pure un aumento della folatemia e una riduzione dell’omocisteina, in pratica un minor rischio di malattie cardiovascolari e una riduzione dello stato infiammatorio in genere, oltre che dell’impatto ambientale”. Biologico infatti implica minor inquinamento, minor costo energetico e sovrasfruttamento delle risorse naturali. Insomma maggiore sostenibilità ambientale, salutistica e perfino economica, dato che non prevede costi per la rimozione dalle acque potabili delle sostanze chimiche provenienti dagli allevamenti intensivi.