Tutti se lo chiedono. Cosa faranno ora i renziani? Che ne sarà di quel 40% scarso raccolto domenica scorsa da Matteo Renzi? Secondo molti illustri commentatori l’esito delle prossime elezioni dipende dall’uso che il centrosinistra farà di quel bottino elettorale raccolto dal sindaco di Firenze.

Non ci siamo. Prima premessa: come ripetuto più volte dallo stesso Matteo Renzi, la parola “renziani” è una malattia – una brutta malattia che rientra, a pieno titolo, tra le peggiori nel manuale di patologia della politica nostrana. Seconda premessa: non esiste alcun bottino. Capisco che per chi è abituato a fare politica contando i pullman di pensionati che ogni candidato porta ai seggi, queste premesse possano apparire difficili da capire, ma sarà il caso che se ne facciano una ragione. E presto.

Ora, archiviata con serenità la mistificazione che voleva orde di berlusconiani pronti ad invadere i seggi delle primarie per guastare la “festa” democratica, sarà anche il caso di porsi qualche domanda su chi siano quegli elettori che domenica scorsa hanno votato Renzi. E sarà il caso, soprattutto, di prendere atto che, dopo un ventennio di sistemi maggioritari guasti, anche in Italia si è affermata una nuova categoria di elettori che meritano di essere riconosciuti a pieno titolo per quello che sono: gli indipendenti.

Chi sono? Semplice: tutti coloro che, in questo paese, sono interessati alla politica, sono disposti a votare, sono anche pronti a metterci la faccia, ma lo fanno senza obbedire ad alcuna logica di appartenenza. Sono cittadini che guardano all’offerta politica in maniera neutrale e scelgono sulla base della propria capacità di giudicare la bontà di una proposta. Possono tranquillamente votare per un candidato di sinistra, di centro o di destra. Molti voterebbero Monti. Molti voteranno Grillo. Alcuni sono moderati, altri sono più radicali. Alcuni sono ferventi religiosi, altri atei dichiarati. Comunque, tendenzialmente tolleranti e aperti al confronto. Ha poca importanza perché lo facciano. C’è chi pensa ai propri interessi personali, ma ci sono anche tanti che sinceramente credono che le proprie scelte possano cambiare, per il meglio, il futuro del paese. Tutti accomunati da quella regola base: il rifiuto di scegliere sulla base di logiche di appartenenza. Non so dire quanti siano gli indipendenti in Italia. Ma, che vi piaccia o meno, sono tanti e crescono in numero. Domenica scorsa ne avete avuto un saggio. Chiunque voglia governare il Paese, deve farci i conti.

Matteo Renzi ha ottenuto un risultato straordinario alle primarie, proprio perché, per i contenuti proposti, per la chiarezza delle posizioni e per la modalità di coinvolgimento delle persone nella sua campagna, è riuscito a farsi interprete di una larga fetta di questo elettorato. Eppure, a giudicare dai commenti e, soprattutto, dai comportamenti, pare che i vincitori delle primarie non se ne siano neppure accorti.

Anzi, fanno di tutto per allontanarli. Penso alla sconsolante processione liturgica di leader del centrosinistra che accorrono a manifestare la loro lealtà al vincitore dopo essersi opportunamente inabissati durante le primarie (per evitare di “sporcare” la campagna di Bersani). Penso a dichiarazioni dello stesso Bersani (“Non vedo l’ora di sfidare Silvio”) che mandano letteralmente nel panico milioni di elettori che non ne possono più di vent’anni di catastrofica contrapposizione tra pro e anti-berlusconismo (l’hashtag della campagna su twitter è già pronto: #ber2ber). E potrei andare avanti.

Qualcuno suggerisce che questi comportamenti siano indotti dalla necessità di mantenersi in equilibrio nel perenne gioco delle alleanze tra sinistra e moderati. Un’analisi che non sta in piedi. Basterebbe poco per mandare segnali inequivocabili di attenzione all’elettorato indipendente. Basterebbe spendere due parole chiare. Scegliete a piacere: finanziamento della politica, burocrazia, lavoro femminile, innovazione, diritti civili, vitalizi ecc.

Paura di allontanare l’elettorato “vendoliano”? Non scherziamo, su questi temi l’elettorato di sinistra andrebbe a nozze. Sono altre le motivazioni. Temo abbiano più a che fare con la necessità di mantenere calmi gli appetiti mai sopiti degli apparati politici, burocratici e imprenditoriali (la parte non sana dell’imprenditoria nazionale). Domenica scorsa, hanno tirato un grande sospiro di sollievo per la sconfitta di Renzi.

Ora, auguriamo a Bersani di non rifare la stessa cosa di sinistra fatta da Renzi: perdere. Però, faccia anche una cosa da “indipendente”: dica qualcosa di chiaro. Rischia pure che qualche indipendente lo segua.

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