”Non appartiene al governo fare processi alle intenzioni e non ho in programma nessun passo”. “Non c’è alcun legame tra la fiducia e il decreto liste pulite perché Berlusconi sarà assolto”. Né Monti né Alfano vogliono o possono dire quello che tutti pensano: nel braccio di ferro tra governo e Pdl, l’incandidabilità dei condannati pesa eccome. Pesa perché il Popolo delle Libertà di condannati in Parlamento e Senato ne ha un bel numero e alcuni anche di peso. Su Marcello Dell’Utri per esempio, pesa il patteggiamento deciso del ’99 in merito alla condanna di 2 anni e 3 mesi di reclusione per false fatture e frode fiscale nell’ambito della gestione di Publitalia ’80 a Torino. Una pendenza che non compromette l’eventuale ricandidatura, visto che il ministro Severino ha assicurato che l’incandidabilità sarà effettiva per chi in futuro deciderà di patteggiare.
Ma quello che davvero spaventa Silvio Berlusconi è la clausola che prevede la decadenza dall’incarico dell’eletto che viene successivamente condannato. Una norma che riguarda anche lo stesso Berlusconi visto che, massimo entro marzo 2013, vedrà andare a sentenza il processo Ruby dove è imputato per concussione e prostituzione minorile. Lo stesso Dell’Utri ha una condanna in secondo grado a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, annullata in Appello con rinvio dalla Cassazione. Per entrambi, in caso di sentenza definitiva, la carica decadrebbe.
Ma l’unico parlamentare in carica che di sicuro non potrà ricandidarsi è Aldo Brancher, condannato nel 2011 a due anni per ricettazione e appropriazione indebita. Rischia qualcosa pure Giuseppe Ciarrapico, qualche processo in corso e due condanne definitive alle spalle, anche se risalenti nel tempo. Non potrà candidarsi chi ha subito condanne in giudicato superiori ai due anni per delitti gravi, <