L'obiettivo è arrivare nel 2014 a un mercato unico delle opere intellettuali con tutele e regole che garantiscano agli autori la remunerazione dovuta, che amplino l'offerta a nuovi modelli di business e che assestino un duro colpo alla pirateria online
La difesa dei diritti di autore (copyright) è una delle questioni più complicate a Bruxelles dal punto di vista normativo. Gli interessi in gioco sono così tanti che oggi la Commissione europea ha lanciato l’ennesima consultazione internazionale per cercare punti in comune in vista della prossima legislazione europea. Più facile a dirsi che a farsi. Il copyright, infatti, vede in gioco attori diversi e con interessi diversi, dagli autori ai consumatori, da quella che chiamano la “nuova lobby della rete” alle società di gestione dei diritti d’autore. In mezzo Bruxelles, che all’interno del mercato unico deve stabilire regole valide per tutti. Un compito davvero non facile.
A far più rumore dell’annuncio di oggi della Commissione europea è stato l’allarme che lo ha preceduto. La comunità internazionale degli autori aveva presentato quello di oggi come una specie di giorno del giudizio del copyright in Europa, invece ci si è trovati di fronte al cosiddetto elefante che partorisce un topolino. Il risultato della riunione dei commissari Ue è l’ennesima consultazione con i soggetti interessati alla questione (stakeholder), un dialogo che almeno nelle buone intenzioni di Barroso dovrebbe portare alla definizione della nuova strategia europea di difesa del diritto d’autore nell’era digitale. Questa consultazione riguarderà gli aspetti più delicati della questione, come la portabilità dei contenuti attraverso i confini transnazionali, il tema del data-mining e text-mining, l’equo compenso e l’accesso alle opere visive e del patrimonio culturale. L’obiettivo è arrivare già nel 2014 alla creazione di un mercato unico comunitario delle opere intellettuali con tutele e regole comuni che garantisca agli autori la remunerazione dovuta e al contempo ampli l’offerta agevolando nuovi modelli di business e assestando un duro colpo alla pirateria online. Insomma un lungo esempio di buone intenzioni in perfetto stile europeo.
Si, perché una legislazione sulla protezione dei diritti d’autore esiste già e fa acqua da tutte le parti. Si tratta della Copyright law of the European Union, precipitato di una serie di atti normativi risalenti ai primi anni Novanta e che aveva come obiettivo quello di armonizzare le diverse leggi sul diritto d’autore vigenti negli Stati membri dell’Ue (ben 27 e tutte diverse). Una direttiva che inoltre, non certo solo a causa di Bruxelles, non risponde in modo efficiente alle nuove sfide dell’era di Internet. Proprio gli sviluppi del digitale hanno messo l’attuale legislazione di fronte a tutti i suoi limiti esigendo da Bruxelles un quadro normativo nuovo e innovativo.
Secondo gli esperti, infatti, sbaglia chi ritiene che si tratti di una partita tutta tra autori e consumatori, ovvero che la pirateria rappresenti l’unico problema. Non per niente nella petizione lanciata dagli autori e firmata da importanti protagonisti del cinema italiano come Marco Bellocchio e Marco Tullio Giordana, si parla di “lobby anti-copyright” e non meramente di “pirati”. Nella petizione infatti si legge: “Cerchiamo di essere chiari. Il messaggio che speso passa è che il copyright è nemico dei consumatori e del loro desiderio di accedere alla cultura”. Gli autori identificano infatti ben altri responsabili della lotta al diritto d’autore che l’adolescente che scarica musica sul suo portatile: si va dai “lobbisti di grandi compagnie del Web che cercano di aggirare le tassazioni nazionali agli stessi Stati nazionali” per terminare con “i dipartimenti europei che affrontano il problema con criteri non più adatti al mondo digitale di oggi”.
Secondo alcune associazioni dei consumatori, infatti, chi usufruisce di un contenuto soggetto a copyright, se gli viene data la possibilità, spesso sceglie la via legale. E il caso dell’applicazione svedese Spotify per ascoltare musica on demand. Will Page, Direttore economico Spotify, conferma che ben 4 milioni su 15 milioni di utenti totali sceglie di pagare per ascoltare la musica in streaming. Insomma, la pirateria non sembra essere l’unico problema.
@AlessioPisano