Mentre la Germania fa muro contro la vigilanza bancaria europea, il Financial Times tira fuori un'indagine della Sec sull'ipotesi che Deutsche Bank tra il 2007 e il 2009 abbia nascosto perdite per 12 miliardi sui derivati per non chiedere aiuti di Stato
Se il Monte dei Paschi di Siena imbarazza Mario Monti anche in Europa, Angela Merkel ha poco da sentirsi a suo agio in tema di banche. Secondo il Financial Times, infatti, durante la terribile crisi finanziaria del 2007-2009 Deutsche Bank avrebbe nascosto perdite per 12 miliardi sui derivati per non dover richiedere gli aiuti di Stato. La notizia è arrivata due giorni dopo il fallimento della riunione dell’Ecofin, che doveva trovare un accordo sulla vigilanza bancaria europea, e solleva alcuni interrogativi sulla politica comunitaria tedesca.
A bloccare l’intesa è stata proprio la Germania, che in molti altri campi predica (e spesso impone) la necessità di cedere una parte della sovranità nazionale. Se il governo della Merkel, oltre alla Hypo Real Estate e a diverse banche regionali, avesse dovuto salvare anche Deutsche Bank, allora guidata dallo svizzero Joseph Ackermann, la crisi dell’euro avrebbe preso probabilmente un’altra piega, e di certo non migliore.
Deutsche Bank è sempre stata (ed è tutt’oggi) uno degli istituti europei con la maggior leva finanziaria. Questo significa che, a fronte di asset ingenti, la sua patrimonializzazione è scarsa. Se oggi venisse varata la nuova riforma del settore bancario europeo, nota come riforma Liikanen (dal nome del membro finlandese della Bce che l’ha messa a punto), la banca tedesca sarebbe l’istituto più penalizzato: dovrebbe immediatamente separare le attività di banca d’investimento (molto rischiose e ad alta leva finanziaria) da quelle di banca commerciale (poco rischiose e a bassa leva finanziaria).
Non stupisce dunque che l’indagine sulla scorretta contabilizzazione dei derivati sia condotta dalle autorità americane (fra cui l’autorità di Borsa statunitense, la Sec) a cui, stando a quanto riportato dal quotidiano finanziario londinese, si sarebbero rivolti tre ex dipendenti della banca, non prima di aver segnalato le proprie perplessità sul portafoglio di derivati ai propri superiori. Tutti e tre sono allontanati dal gruppo di Francoforte: il trader Matthew Simpson avrebbe ricevuto 900mila euro in cambio delle dimissioni e del ritiro dell’esposto alla Sec; il gestore del rischio Eric Ben-Artzi sarebbe stato licenziato tre giorni dopo aver fatto l’esposto; mentre il terzo dipendente, che preferisce mantenere l’anonimato, avrebbe rassegnato volontariamente le dimissioni dopo l’esposto.
La smentita ufficiale di Deutsche Bank non si è fatta attendere: “Le accuse di comunicazione finanziaria falsa, vecchie di oltre due anni e rese note pubblicamente a giugno 2011, sono state oggetto di un attenta e profonda indagine, e sono totalmente infondate”, ha fatto sapere l’istituto oggi guidato dal duo Juergen Fitschen e Anshuman Jain che, all’epoca dei fatti, era considerato un mago proprio dei derivati. Comunque, sempre secondo quanto comunicato dalla società, quel pericolo sarebbe definitivamente scampato, perché questi derivati non sarebbero più nel portafoglio dell’istituto. A parziale ridimensionamento della posizione della Merkel potrebbero però venir addotte le parole pronunciate mercoledì 5 dicembre i dal presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, il principale responsabile della profonda crisi in cui versa il Monte dei Paschi di Siena. Secondo il numero uno dell’associazione delle banche italiane la sede della vigilanza bancaria europea “potrebbe essere ubicata lontano da Francoforte, per esempio a Roma”, come ha detto portando a supporto gli “indubbi vantaggi” che ne potrebbero derivare e che andrebbero oltre il prestigio per l’Italia.