Una grande scrittrice francese, Colette (1873-1954), nel suo romanzo ‘La nascita del giorno’, lodava il “supremo chic di saper declinare”. La frase, assai seducente, mi è salita alle labbra leggendo la notizia dell’ormai certa ennesima discesa in campo di Silvio Berlusconi (1936- eternità): lui, l’immarcescibile, quello chic lì, non ha proprio intenzione di emularlo. Sull’orlo dei 77 anni riprende a strepitare che la Patria chiama, che lui si sacrifica, che scende in campo e spacca tutto, che torna in sella e salva tutti.
Ad ogni nuovo strepito la borsa tracolla, lo spread lievita a dismisura, i disoccupati si buttano dalla finestra, le donne riempiono le piazze, i giovani emigrano e la Grecia gongola perché non sarà più l’ultima dell’Europa. Ma lui non se ne cale. Va avanti tronfio e inconsapevole, impettito, monologante. Con il sorriso insensato degli ebefrenici e il tasso d’autostima dei mitomani. Per fottere definitivamente il nostro Paese, il suo staff di impiegati in blazer blu e cravatta regimental, conierà altre canzoncine, altre bandierine e un nuovo nome. Si mormora che sia “Piazza Italia”. Dovessero votarlo ancora, basterà eliminare la “i”: Pazza Italia. Descrive perfettamente la comunità dei suoi potenziali elettori.
Il Fatto Quotidiano, 7 dicembre 2012