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Egitto, assalto al Palazzo presidenziale. Morsi pensa al rinvio del referendum

Al centro delle proteste l'annullamento del decreto costituzionale e la cancellazione della consultazione sulla nuova Costituzione che ingloba la sharia. L'unità di crisi del governo sta cercando di convincere gli oppositori al dialogo, ma le manifestazioni continuano in tutto il Paese

Non si placano le proteste in Egitto contro il governo di Mohammed Morsi. Al centro l’annullamento del decreto costituzionale e la cancellazione del referendum sulla nuova Costituzione che ingloba la sharia. I manifestanti dell’opposizione sono riusciti nuovamente a rompere il cordone che isola il palazzo presidenziale e a superare le barricate dell’esercito a protezione dell’edificio. Alcuni degli oppositori sono anche saliti sui carri armati schierati a difesa del palazzo presidenziale, sventolando bandiere. I dimostranti hanno tagliato il filo spinato e in centinaia sono riusciti a superare le barriere. Alcuni si sono spinti fino alle mura dell’edificio, chiedendo a gran voce le dimissioni del presidente. Le forze della Guardia repubblicana, che ieri avevano ordinato ai dimostranti filo-Morsi di allontanarsi, si sono spostate davanti all’entrata principale del palazzo e secondo la rete al Arabiya ci sarebbero dei feriti tra gli agenti.

L’unità di crisi del governo egiziano, intanto, sta tentando di convincere l’opposizione a tornare indietro dopo il no all’offerta di dialogo del presidente. L’annuncio ha fatto crescere la tensione al Cairo dove migliaia di persone sono tornate a manifestare puntando il palazzo presidenziale. Una gran folla si è radunata anche a Piazza Tahrir. In mattinata, nella moschea di al-Azhar, si sono svolti i funerali dei due membri dei Fratelli Musulmani rimasti uccisi mercoledì negli scontri dinanzi al palazzo presidenziale, a cui hanno partecipato migliaia di persone. Durante le esequie, dove era presente anche la guida spirituale dei Fratelli Musulmani, Mohammed Badia, si sono registrati alcuni momenti di tensione, ma anche di esaltazione collettiva. E alla fine dalla moltitudine si è levato il coro “Egitto islamico, non si tramuterà in laico”.

Il Fronte di salvezza nazionale, principale cartello dell’opposizione, ha respinto la mano tesa da Morsi e ha fatto sapere che sabato non sarà al tavolo del negoziato. Secondo la coalizione, Morsi, nel suo discorso di giovedì sera, ha rifiutato “i ripetuti appelli a a offrire una soluzione consensuale” e non ha mostrato alcuna disponibilità al compromesso. Il gruppo ha fatto sapere che la convocazione del dialogo “manca degli elementi tipici di un negoziato autentico e serio e ignora le rivendicazioni principali del fronte”, che consistono nell’annullamento del decreto costituzionale e nella cancellazione del referendum sulla nuova Costituzione.

Rinviato il referendum all’estero? – Una delle due richieste potrebbe essere accolta: secondo al Jazeera, infatti, le autorità egiziane hanno ordinato alle ambasciate all’estero di non procedere con le operazioni di voto per il referendum sulla controversa costituzione, voluta con forza dal presidente Mohamed Morsi. Il voto, fissato per il 15 dicembre in patria, sarebbe dovuto iniziare domani per gli egiziani all’estero ma è stato rinviato al 12 dicembre. Non è chiaro al momento se questa notizia sia un segnale di un possibile rinvio tout court del referendum.  Il vicepresidente egiziano, Mahmoud Mekki, intanto, ha annunciato che il presidente Mohammed Morsi potrebbe accettare di rinviarlo solo se l’opposizione garantirà che non si appiglierà al vincolo legale che il referendum deve tenersi obbligatoriamente entro due settimane dopo la sua indizione formale.