FattoQuotidiano.it, il 28 novembre scorso, ha dato notizia di un fatto piuttosto inquietante: alcuni istituti di credito avrebbero concesso finanziamenti alla ‘ndrangheta in “difetto di buona fede”. Ritengo necessario un chiarimento sul punto e vorrei sapere come si pone l’Abi (Associazione Bancaria Italiana) nei confronti di chi la mafia l’ha denunciata e combattuta. In qualità di Presidente della Commissione Antimafia Europea ho quindi scritto una lettera aperta al Presidente Giuseppe Mussari. La pubblico qui di seguito:
Egregio Presidente Mussari,
Le scrivo a seguito della notizia apparsa sul Fatto Quotidiano del 28 novembre u.s. relativa alla concessione di una serie di mutui da parte di diverse banche (Barclays Bank, Banca nazionale del lavoro, la Banca per la casa, Unicredit, Credito bergamasco) per un totale di 4 milioni e mezzo di euro. Tali mutui, ora estinti a seguito di provvedimento del Tribunale delle misure di prevenzione di Milano, sembra siano stati concessi a persone più o meno direttamente collegate a clan mafiosi e tutte prive dei requisiti e delle garanzie necessarie.
In qualità di Presidente della Commissione Antimafia del Parlamento Europeo vorrei sapere in che maniera è stato possibile concedere prestiti e mutui a soggetti privi di garanzie e dalle relazioni poco limpide che avrebbero imposto da parte delle banche tutt’altro atteggiamento.
Quanto accaduto è tanto più grave se si pensa al trattamento che viene riservato ogni giorno in Italia a persone, imprenditori e lavoratori che invece hanno come referenza la loro laboriosità, il loro trascorso e l’impegno per la legalità. Mi riferisco, ad esempio, agli imprenditori e testimoni di giustizia che hanno denunciato i loro estorsori ovvero alle aziende confiscate e in amministrazione giudiziaria – dunque di fatto in mano allo Stato – alle quali viene troppo spesso interrotto l’accesso al credito da parte degli stessi istituti che fino al giorno prima, invece, candidamente ne concedevano a mafiosi e prestanome.
Questa notizia mi porta a chiederLe, in virtù dell’importante ruolo ricoperto dall’associazione da Lei presieduta e del fatto che l’onestà di migliaia di funzionari bancari deve essere distinta da quella degli operatori collusi e corrotti, in che maniera l’ABI si impegna, oggi e in futuro, per evitare che queste situazioni si verifichino.
Concorderà con me che non può certamente bastare l’iniziativa di un tribunale, nel caso specifico quello di Milano, che interviene quando già il danno è avvenuto. E’ necessario intervenire prima, mettendo in atto tutte le regole bancarie e non, con le quali ogni cittadino ‘normale’ è costretto a fare i conti tutti i giorni. La legalità è una cosa seria e ritengo che dovrebbe essere un requisito prioritario nelle decisione di concessione di credito da parte delle banche.
Per questo colgo l’occasione per domandarle in che maniera si esplicita l’impegno dell’ABI a sostegno dei soggetti sopra citati – testimoni di giustizia e imprese in amministrazione giudiziaria -. Spero che questa mia lettera aperta possa contribuire alla riflessione, istituzionale e non, sulla tutela di queste realtà nonché di quel tessuto economico-imprenditoriale sano del nostro Paese e che in tal senso andrebbe premiato e sostenuto.
Resto in attesa di un Suo cortese riscontro.