L’amore per il teatro e per Galileo, l’amicizia con Bertolt Brecht, infine il cinema e Hollywood. Poi l’esilio e l’accusa di essere un sovversivo durante la psicosi maccartista. Quindi la fuga in Inghilterra, costretto a lavorare sotto pseudonimo.
La storia di Joseph Losey, la sua biografia, finirà col proiettarsi inevitabilmente sui personaggi, sulle figure che sfilano all’interno dei suoi film. Rapporti di potere, esilio, violenza, sfruttamento, ambiguità: un tetro defilé delle passioni umane, messo in scena con implacabile disincanto.
La Cineteca di Bologna promuove (in collaborazione con Torino Film Festival) da sabato 8 a martedì 18 dicembre, la retrospettiva Servi, dannati, esiliati. Il cinema di Joseph Losey, dedicata al cineasta americano con 15 titoli fra i più significativi della sua filmografia, quasi tutti in lingua originale con sottotitoli italiani.
Primo appuntamento, quindi, sabato 8 dicembre al Cinema Lumière (via Azzo Gardino, 65) con un triplice appuntamento: alle ore 16, Il ragazzo coi capelli verdi, folgorante opera prima girata nel 1948 sulle macerie del secondo conflitto mondiale, atto di accusa contro ogni forma di razzismo e di intolleranza; a seguire (ore 18), Sciacalli nell’ombra, torbido noir wellesiano sui falsi valori e sul potere, con un poliziotto assassino come protagonista. La prima giornata loseyana si concluderà alle ore 20.30 con L’alibi dell’ultima ora, terzo film “inglese” del regista e amarissima riflessione sulla giustizia e sulla pena di morte con un grande Micheal Redgrave.
“Andrea Forzano, Victor Hanbury, Joseph Walton: chi sono costoro? Tre registi che, tra il 1952 e il 1956, firmarono tre film. In realtà, tre registi falsi, inesistenti; tre nomi rubati da Joseph Losey (al figlio del padrone degli studi, a un produttore e alla bisnonna paterna) per firmare i propri film negli anni in cui, messo sotto inchiesta dalla Commissione per le attività antiamericane del senatore McCarthy, era stato bandito da Hollywood, dall’America e persino dal proprio lavoro”, spiega Emanuela Martini, nella quarta di copertina del volume Joseph Losey, edito in occasione del TFF 2012, “Esule in Inghilterra, senza un soldo, senza nome, Losey, che aveva lavorato con Brecht e iniziava ad affermarsi tra gli autori emergenti della Hollywood impegnata, riuscì a sopravvivere senza rinunciare al suo mestiere; e quando, a metà degli anni Cinquanta, riacquistò il proprio nome, firmò subito una serie di thriller di impressionante vigore: L’alibi dell’ultima ora, L’inchiesta dell’ispettore Morgan, Giungla di cemento”.
“Come altri registi americani suoi contemporanei, Losey lavorava sui generi, amava il noir come specchio della società, usava la fantascienza per costruire favole profetiche (Hallucination) e il mélo per ritrarre rapporti senza speranza (Eva)”, continua la Martini, “E quando incontrò lo sceneggiatore ideale (Harold Pinter), realizzò tre capolavori del cinema moderno: Il servo, L’incidente e Messaggero d’amore. Negli anni Sessanta e Settanta veniva paragonato spesso ad Antonioni e a Bergman, per il malinconico disincanto e la lucidità con cui rappresentava il presente. Ma più che a loro, forse, andrebbe accostato a Orson Welles, per il girovagare inquieto, per i tanti (troppi) progetti non realizzati, per l’ossessione del tempo, dello spazio, degli specchi, dei doppi, che incombe sulle sue immagini e sulle sue storie. E l’ossessione dei nomi, nomi perduti o presi in prestito, come i suoi, o nomi disgraziatamente condivisi, come quello di Mr. Klein, uno dei suoi ultimi, giganteschi personaggi”.
Due segnalazioni in particolare tra i 15 titoli del sommo regista. Domenica 9 dicembre, ore 18, Il servo (The Servant, GB/1967) tratto da un testo di Harold Pinter, e una sceneggiatura da cui Dirk Bogarde è particolarmente attratto. L’attore contatta Losey durante le riprese di Eva. Losey a sua volta contatta Pinter. I due stendono una nuova sceneggiatura. Oltre a Bogarde il cast è composto da James Fox e Sarah Miles. La fotografia è di Douglas Slocombe. Servi e padroni. I movimenti circolari della macchina da presa fanno eco a Eva. Gran gioco di attori. Grandangoli e profondità di campo. Visivamente memorabile.
Un po’ come L’Incidente (The accident, 1967), in sala giovedì 13 dicembre, secondo episodio, dopo The Servant, della collaborazione tra Losey e Harold Pinter. La struttura è ancora una volta circolare: un incidente apre e chiude il film (con un piano sequenza che fa scuola e di cui si vede anche una piccola porzione di carrello). Il cast è di prim’ordine: Dirk Bogarde, Stanley Backer, Jacqueline Sassard, Delphine Seyrig, Michael York. Ci sono dislivelli di classe, l’idea di poter per un istante cambiare il corso della propria vita, testarne una diversa da quella che ci spetta di vivere. Il tempo di un film, o di un incidente. Struttura frammentaria. Una delle opere più ardite e formalmente complesse del regista.