Ogni anno la polizia riceve circa 13mila denunce per molestie e intimidazioni. La risposta dell'amministrazione è isolare i violenti costretti per sei mesi a vivere in una sorta di campeggi o cittadelle di container dove saranno garantiti loro i servizi essenziali e dove saranno seguiti dai servizi sociali e all'occorrenza controllati da poliziotti
Lo sgombero di un campo di protesta di un centinaio di migranti le cui richieste di asilo sono state respinte non è l’unico caso sociale a fare notizia ad Amsterdam. A far discutere è il previsto trasferimento in zone isolate della città di vandali, bulli, persone ritenute socialmente pericolose o colpevoli di aver minacciato o intimidito i propri vicini. L’iniziativa promossa dall’amministrazione parte da un dato: ogni anno la polizia riceve circa 13mila denunce per molestie e intimidazioni. La risposta è isolare i violenti costretti per sei mesi a vivere in una sorta di campeggi o cittadelle di container dove saranno garantiti loro i servizi essenziali e dove saranno seguiti dai servizi sociali e all’occorrenza controllati da poliziotti.
Il piano rientra nella politica del sindaco laburista, Eberhard van der Laan, di dare una nuova immagine alla città slegandola dallo stereotipo di meta per turisti in cerca di droghe e prostituzione. Tentativo in cui ricade anche l’ipotesi avanzata lo scorso mese di luglio di dotare la polizia di scanner portatili – di cui il fattoquotidiano.it aveva già parlato- dando così un nuovo strumento da usare nell’ambito della legge che già consente agli agenti di condurre perquisizioni nei quartieri considerati a rischio, sulla base di un semplice sospetto.
I detrattori non mancano tuttavia di paragonare la strategia anti-bulli del borgomastro alla proposta di istituire luoghi che ricalchino gli ormai comunemente noti “villaggi della feccia”, invocati lo scorso anno dal leader della destra populista Geert Wilders, conosciuto per le sue posizioni islamofobe, xenofobe ed euroscettiche. “Occorre mettere tutta la spazzatura assieme, lontano delle persone normali”, disse all’epoca per descrivere il progetto che prevedeva il ritorno nella di questa sorta di esiliati nella società soltanto dopo un periodo di studio e lavoro. La parola “tuigdorpen”, adoperata dal fondatore del Partito per le libertà, si è con il tempo guadagnata il titolo di peggior neologismo della lingua nederlandese, ricorda il settimanale tedesco Der Spiegel.
L’amministrazione cerca quindi di marcare le distanze sia da Wilders sia dalle accuse che bollano l’iniziativa come illiberale. Per questo il portavoce del sindaco Bartho Boer ha spiegato che al contrario l’amministrazione vuole preservare l’anima liberale di Amsterdam. “Non si tratta di semplici litigi tra vicini per la musica troppo alta il sabato sera. Parliamo di persone violente e di situazioni in cui le vittime sono costantemente minacciate”, ha detto sottolineando di voler difendere la società e portando come esempio le minacce contro gay e lesbiche. Il programma inizierà nel 2013 e ogni anno interesserà circa una decina di famiglie, cercando di evitare di concentrarle nella stessa area.
A ricordare il rischio che il progetto porta con sé è stato il quotidiano the Parool. Già nel Diciannovesimo secolo violenti e piantagrane erano spediti a Drenthe e Overijssel, racconta giornale, il risultato fu che i due villaggi si trasformarono in ghetti. Boer ha spiegato che l’amministrazione è conscia degli errori del passato e ne terrà conto. Il modello vanta anche alcuni esperimenti pilota dal 2010 attivi per 30 mesi in alcune città olandesi, Amsterdam compresa. Parallelo al piano di trasferimenti, il programma in cui la città di Amsterdam ha investito 1 milione di euro prevede anche una linea diretta con cui poter denunciare intimidazioni e violenze senza timore di vendette.
di Andrea Pira