Per quanto sgradite, le dimissioni di Mario Monti non rappresentano un fulmine a ciel sereno per gli operatori di Borsa. Per i mercati finanziari la fine del governo Monti e della legislatura era già un dato acquisito nella seduta di giovedì scorso, quando lo spread Btp-Bund è violentemente aumentato tornando sopra i 300 punti base. Inoltre, domani a tranquillizzare le Borse contribuirà il successo del buy back greco che ha centrato l’obiettivo di ridurre l’indebitamento di Atene di 20 miliardi di euro.

“All’apertura di lunedì mi attendo un aumento della volatilità ma non pesanti ribassi – spiega Giorgio Giannatempo, responsabile obbligazionario di Symphonia Sgr – Il riacquisto del debito da parte del governo di Antonis Samaras è senza dubbio una notizia positiva e non del tutto scontata, mentre le dimissioni di Monti sono una notizia negativa comunque già prezzata nelle valutazioni delle azioni e delle obbligazioni”. Secondo l’esperto potrebbe invece avere un maggior impatto negativo la minaccia di Standard&Poor’s di tagliare il rating italiano se non ci sarà ripresa economica nel 2013. In una nota arrivata a mercati già chiusi, l’agenzia di rating americana ha scritto: “Ci aspettiamo che l’economia italiana continuerà a contrarsi nel 2012 e nel 2013, prima di tornare a una debole crescita del Pil non superiore all1%”.

Per Giannatempo le azioni italiane e i Btp registreranno una forte volatilità fino all’appuntamento con le urne. “I mercati non temono tanto un ritorno al governo di Berlusconi, da tutti considerata un’ipotesi remota, quanto l’ingovernabilità del Paese – continua Giannatempo – Il vero rischio è che Berlusconi prenda il 15%, che un altro 15% lo prenda Grillo, che si registri un alto numero di astenuti e che dalle elezioni non esca una maggioranza con i numeri per governare. Questa è l’ipotesi peggiore per i mercati”.

Se per l’Italia l’incertezza è dunque aumentata, per Atene è invece diminuita. La Grecia è infatti riuscita a riacquistare per 10 miliardi di euro obbligazioni governative per un valore nominale di 30 miliardi, una mossa che le ha consentito di ridurre il suo indebitamento di 20 miliardi e di sgombrare la strada verso la concessione di nuovi aiuti europei: se l’operazione non fosse riuscita l’Fmi non avrebbe partecipato al finanziamento della tranche di aiuti da 30 miliardi di euro su 43,7 complessivi prevista il 13 dicembre, con relativo blocco anche della quota Ue. A chi deteneva i suoi bond la Grecia offrirà obbligazioni con scadenza a sei mesi emesse dal fondo salva-Stati europeo Efsf. La data di regolazione dell’operazione è fissata per il prossimo 17 dicembre.

Gli investitori che hanno accettato la proposta di scambio, fra cui ci sono le banche greche e gli hedge fund americani, riceveranno una percentuale compresa fra il 30,2% e il 40,1% del valore nominale dei titoli che avevano in portafoglio. Per gli investitori della prima ora questo comporterà una perdita secca del 60-70%, mentre i fondi speculativi statunitensi che hanno iniziato a comprare il debito greco la scorsa estate potranno in alcuni casi portare a casa fino al doppio di quanto investito. Secondo il quotidiano finanziario greco Naftemboriki i detentori stranieri dei titoli hanno aderito con circa 15 miliardi di euro mentre le banche greche hanno contribuito con altri 15 miliardi. Sempre secondo il quotidiano le quattro maggiori banche greche – National Bank, Eurobank, Alpha e Piraeus – hanno partecipato con titoli pari a un valore di 11,5 miliardi. Anche due istituti di credito ciprioti hanno aderito al riacquisto.

Il governo di Samaras ha promesso di voler proteggere con uno “scudo” le banche greche da possibili azioni legali degli azionisti contrari all’operazione. Le banche greche sono rimaste incerte fino alla vigilia se aderire o meno perché, se da un lato ci perderanno visto che i bond erano iscritti a bilancio a valori più elevati rispetto all’offerta, dall’altro ci guadagneranno, perché dei 30 miliardi di aiuti, 23 sono destinati alla loro ricapitalizzazione.

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