In agenda una serata sulla rete ammiraglia del servizio pubblico per attaccare Mario Monti dopo che gli italiani hanno pagato la rata Imu. E dopo Porta a Porta e Ballarò, sussurrano da Arcore: “Potrebbe persino andare da Michele Santoro”
Che dite, Silvio Berlusconi, fa le primarie? Troppo democratiche. Il televoto? Troppo moderno. Il provino? Troppo rischioso. Oh, meglio tornare ai piatti classici, ai metodi antichi e rodati, molto rodati: la televisione. Non la televisione di proprietà, Mediaset, che risponde con istinto pavloviano: il Cavaliere si candida, la scuderia si scalda. E così B. ordina la festa nazional popolare su Rai1 entro fine dicembre, in anticipo su pandori e regali, ma già con l’odiosa Imu pagata e indigeribile. Per riprendere la corsa a palazzo Chigi ha scelto il canale perfetto, generalista e trasversale (con più anziani che giovani, però). Vuole le condizioni più efficaci: la prima serata, le finte domande. Sì, un confronto stile Pier Luigi Bersani – Matteo Renzi, ma con il Cavaliere contro tre o quattro giornalisti: un paio di ore in diretta per le giustificazioni e le rivendicazioni di nove anni di governo – il sito esordiente non condensa abbastanza – e poi la nuova sfida con la solita faccia, le nuove promesse con il solito sorriso.
Berlusconi ricomincia da viale Mazzini: l’evento in “trasferta”. Quei 120 minuti di faccia a faccia tra Bersani e Renzi hanno stuzzicato la fantasia mediatica, ancora di più perché l’ingombro primarie è stato risolto con un plebiscito: per Silvio Berlusconi ha vinto Silvio Berlusconi. Viale Mazzini aveva preparato gli un trattamento identico al centrosinistra e, in attesa di richieste ufficiali, in forma ufficiosa fanno sapere che l’eventuale offerta di B. sarà valutata e tradotta in palinsesto. “Come rifiutare?”, dicono gli alchimisti che riescono a miscelare centro e sinistra e oscillano verso destra. L’ex primo ministro prepara la propaganda con la migliore intuizione di questi anni che s’illumina in televisione: la replica. Non più l’invenzione, ma la reinvenzione: il modello Matteo Renzi per seminare il territorio; il modello Beppe Grillo per la rete; il modello Berlusconi per la vecchia, cara tv. Prima di mostrare il corpo di Arcore, che manca al teleschermo, il Cavaliere vuole bonificare la squadra dei tele-missionari. Il cinguettio di Flavio Briatore – che bocciava Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, che ormai si confondono con l’arredamento degli studi – espone il pensiero del padrone: vorrebbe una donna-testimone, l’Alessandra Moretti di destra (portavoce del comitato di Bersani, ndr), preparata, convincente, giovane e di bell’aspetto. Qualcuno indicava Michela Vittoria Brambilla, ma sarebbe un già visto non proprio magnetico per i telespettatori. Come se fosse a un allenamento di Milanello, il Capo vuole rifare le convocazione per avviare l’assalto mediatico: stavolta, però, vuole spendersi per non spegnersi. Nel senso che i suoi ex elettori hanno bisogno di una prova evidente: esisto, eccomi. E non soltanto nel salottino biancastro di Bruno Vespa, che ancora insiste per la presentazione del libro (mercoledì, a Roma). I consiglieri riaprono l’agenda sotterrata in fretta e contano le interviste, le richieste incassate e quelle da incassare: Porta a Porta, certo, e poi Ballarò, i telegiornali , i pomeridiani. Sussurri da Arcore: “Potrebbe persino andare da Michele Santoro!”. Un mese di indigestione televisiva e poi s’inforcano le bici verso i circoli, le piazze, i teatri. Al grido: “Posso vincere solo con me stesso”. E il servizio pubblico Rai, potrebbe aggiungere, può dare un grosso contributo.
A Mediaset s’avverte il richiamo che spinge in trincea, tant’è che il comitato di redazione del Tg5 ha convocato un’assemblea per martedì appiccicandosi un titolo evocativo: “La tempesta perfetta”. Hanno diffuso un comunicato per dire che non accettano lezioni dai colleghi: non possono rompere prima di conoscere la strategia di questa sesta campagna elettorale. E confidano: “Sappiamo che la nostra credibilità non viene nemmeno presa in considerazione. Discutiamo tra di noi per capire quello che ci attende e senza rinunciare a un bene essenziale: la dignità. Questo non farà piacere al nostro Clemente J. Mimun. Pazienza”. La legione dei direttori – composta da quotidiani, settimanali e telegiornali – è in stretto contatto con la base militare di Arcore, punto di incontro e scontro per le offensive mediatiche. Il debutto designato e desiderato è su Rai1. Tema, la memoria: dimenticare il passato a Palazzo Chigi, ricordare le angherie di Mario Monti. Il luogo è suggestivo, pieno di atmosfere e momenti memorabili: il tavolo di ciliegio, il contratto con gli italiani, la mano che odorava di santità, il corteggiamento a Valentina Vezzali e gli insulti a Rosy Bindi. Quella è casa sua. Proprio sua.
da Il Fatto Quotidiano del 9 dicembre 2012