Abbiamo pagato poche tasse, ripareremo. Succede in Gran Bretagna e l’annuncio arriva da Starbucks: la regina dei beveroni al caffè, smascherata da un reportage giornalistico, ha ammesso di aver eluso il fisco britannico, approfittando dei vantaggi riservati alle multinazionali, e si è offerta di pagare 20 milioni di sterline per il 2013 e 2014.
L’annuncio, però, non è bastato alle associazioni di cittadini e consumatori che hanno guidato in queste settimane la protesta popolare contro la multinazionale: i sudditi di Sua Maestà chiedono maggiore severità nei controlli fiscali, per combattere i fenomeni di evasione ed elusione, dare respiro alle casse dello Stato e impedire i tagli a servizi essenziali. Per ribadirlo, sabato 8 dicembre i manifestanti hanno occupato 40 negozi Starbucks a Londra e in altre grandi città, come Liverpool, Birmingham e Cardiff, urlando slogan contro i “furbetti” delle tasse e lamentando le conseguenze dell’austerity. Mercoledì 5 il cancelliere dello Scacchiere George Osborne aveva annunciato misure restrittive della spesa pubblica fino al 2018.
Il caso Starbucks era scoppiato nelle scorse settimane, quando era emerso che la multinazionale, pur avendo generato introiti per 3 miliardi di sterline dal 1998 a oggi, aveva pagato solo 8,4 milioni, meno dell’1%, in “corporation tax”, la tassa sulle imprese. Una cifra irrisoria per un’azienda che conta oltre 700 frequentatissime caffetterie in tutto il Paese. Tuttavia, nonostante il grande afflusso di clienti e i prezzi non esattamente modici, la branca britannica di Starbucks ha dichiarato, lo scorso anno, perdite per 33 milioni di sterline. Come è possibile? Attraverso una serie di operazioni che coinvolgono le sedi della multinazionale nei vari Paesi: in pratica, risulta che Starbucks UK ogni anno deve pagare all’azienda madre, con sede in Olanda, somme rilevanti per l’utilizzo del marchio. Altre somme risultano pagate alla filiale svizzera. Così la divisione britannica registra perdite, e quindi non deve nulla al fisco di Sua Maestà.
Uno schema utilizzato anche da altre multinazionali, come Amazon e Google, che riescono a ridurre considerevolmente le tasse da pagare attraverso l’utilizzo delle filiali in Lussemburgo e Irlanda, Paesi noti per le discipline fiscali accondiscendenti nei confronti delle imprese. L’escamotage, oltre a consentire alle multinazionali di aumentare i profitti, dà loro un vantaggio competitivo incolmabile nei confronti dei concorrenti: come la catena di caffetterie Costa, rivale di Starbucks in Gran Bretagna, costretta quest’anno a versare al fisco il 31% dei suoi introiti.
Un’elusione fiscale di queste proporzioni, venuta alla luce in un momento così critico per l’economia, non poteva passare inosservata. E nelle scorse settimane Starbucks è stata travolta da un vero e proprio terremoto di critiche: dalle associazioni dei consumatori, come UK Uncut, in prima linea nelle proteste contro il gigante del caffè, al PAC (Public Accounts Committee), un comitato di studiosi di diritto che ha il compito di monitorare gli atti del governo sul fronte finanziario. La presidente, Margaret Hodge, ha usato parole durissime contro le multinazionali, “che generano significativi introiti nel Regno Unito senza pagare nulla o pagando molto poco al fisco. Questo è oltraggioso nei confronti delle imprese inglesi e dei cittadini onesti”, ha dichiarato, puntando poi il dito contro il fisco britannico, accusato di essere “troppo passivo” nei confronti delle grandi compagnie.
Tutto questo, amplificato a dovere dalla stampa, ha portato, il 6 dicembre, alla presa di posizione ufficiale. In un comunicato, il direttore generale di Starbucks UK Kris Engskov ha fatto sapere che la multinazionale “vuole proporre allo Stato britannico di pagare 10 milioni di sterline all’anno per i prossimi due anni, indipendentemente dai profitti”. Engskov ha aggiunto che nel 2013 e 2014 l’azienda “non chiederà deduzioni fiscali per le operazioni che coinvolgono le filiali estere”, sottolineando di aver agito “nel rispetto delle leggi”.
Ma la mossa potrebbe non essere sufficiente: un portavoce dell’HMRC (Her Majesty’s Revenue and Customs, il fisco britannico), ha fatto sapere che le tasse non sono su base volontaria e che “i cittadini si aspettano che le imprese paghino il dovuto”, annunciando “ogni iniziativa, anche di fronte ai tribunali, per combattere i comportamenti non conformi alla disciplina fiscale vigente”. Scettica anche la portavoce di UK Uncut, Hannah Pearce: “Si tratta di un tentativo disperato di sottrarsi alla pressione del pubblico. Offrirsi di pagare qualcosa in un certo momento non ti rende un contribuente migliore”.
Economia & Lobby
Gran Bretagna, Starbucks elude il fisco e si pente: “Abbiamo pagato poche tasse”
La catena di caffè, smascherata da un reportage giornalistico, ha ammesso di aver imbrogliato approfittando dei vantaggi riservati alle multinazionali, e si è offerta di pagare 20 milioni di sterline Un portavoce dell’HMRC ha fatto sapere che le tasse non sono su base volontaria e che “i cittadini si aspettano che le imprese paghino il dovuto”
Abbiamo pagato poche tasse, ripareremo. Succede in Gran Bretagna e l’annuncio arriva da Starbucks: la regina dei beveroni al caffè, smascherata da un reportage giornalistico, ha ammesso di aver eluso il fisco britannico, approfittando dei vantaggi riservati alle multinazionali, e si è offerta di pagare 20 milioni di sterline per il 2013 e 2014.
L’annuncio, però, non è bastato alle associazioni di cittadini e consumatori che hanno guidato in queste settimane la protesta popolare contro la multinazionale: i sudditi di Sua Maestà chiedono maggiore severità nei controlli fiscali, per combattere i fenomeni di evasione ed elusione, dare respiro alle casse dello Stato e impedire i tagli a servizi essenziali. Per ribadirlo, sabato 8 dicembre i manifestanti hanno occupato 40 negozi Starbucks a Londra e in altre grandi città, come Liverpool, Birmingham e Cardiff, urlando slogan contro i “furbetti” delle tasse e lamentando le conseguenze dell’austerity. Mercoledì 5 il cancelliere dello Scacchiere George Osborne aveva annunciato misure restrittive della spesa pubblica fino al 2018.
Il caso Starbucks era scoppiato nelle scorse settimane, quando era emerso che la multinazionale, pur avendo generato introiti per 3 miliardi di sterline dal 1998 a oggi, aveva pagato solo 8,4 milioni, meno dell’1%, in “corporation tax”, la tassa sulle imprese. Una cifra irrisoria per un’azienda che conta oltre 700 frequentatissime caffetterie in tutto il Paese. Tuttavia, nonostante il grande afflusso di clienti e i prezzi non esattamente modici, la branca britannica di Starbucks ha dichiarato, lo scorso anno, perdite per 33 milioni di sterline. Come è possibile? Attraverso una serie di operazioni che coinvolgono le sedi della multinazionale nei vari Paesi: in pratica, risulta che Starbucks UK ogni anno deve pagare all’azienda madre, con sede in Olanda, somme rilevanti per l’utilizzo del marchio. Altre somme risultano pagate alla filiale svizzera. Così la divisione britannica registra perdite, e quindi non deve nulla al fisco di Sua Maestà.
Uno schema utilizzato anche da altre multinazionali, come Amazon e Google, che riescono a ridurre considerevolmente le tasse da pagare attraverso l’utilizzo delle filiali in Lussemburgo e Irlanda, Paesi noti per le discipline fiscali accondiscendenti nei confronti delle imprese. L’escamotage, oltre a consentire alle multinazionali di aumentare i profitti, dà loro un vantaggio competitivo incolmabile nei confronti dei concorrenti: come la catena di caffetterie Costa, rivale di Starbucks in Gran Bretagna, costretta quest’anno a versare al fisco il 31% dei suoi introiti.
Un’elusione fiscale di queste proporzioni, venuta alla luce in un momento così critico per l’economia, non poteva passare inosservata. E nelle scorse settimane Starbucks è stata travolta da un vero e proprio terremoto di critiche: dalle associazioni dei consumatori, come UK Uncut, in prima linea nelle proteste contro il gigante del caffè, al PAC (Public Accounts Committee), un comitato di studiosi di diritto che ha il compito di monitorare gli atti del governo sul fronte finanziario. La presidente, Margaret Hodge, ha usato parole durissime contro le multinazionali, “che generano significativi introiti nel Regno Unito senza pagare nulla o pagando molto poco al fisco. Questo è oltraggioso nei confronti delle imprese inglesi e dei cittadini onesti”, ha dichiarato, puntando poi il dito contro il fisco britannico, accusato di essere “troppo passivo” nei confronti delle grandi compagnie.
Tutto questo, amplificato a dovere dalla stampa, ha portato, il 6 dicembre, alla presa di posizione ufficiale. In un comunicato, il direttore generale di Starbucks UK Kris Engskov ha fatto sapere che la multinazionale “vuole proporre allo Stato britannico di pagare 10 milioni di sterline all’anno per i prossimi due anni, indipendentemente dai profitti”. Engskov ha aggiunto che nel 2013 e 2014 l’azienda “non chiederà deduzioni fiscali per le operazioni che coinvolgono le filiali estere”, sottolineando di aver agito “nel rispetto delle leggi”.
Ma la mossa potrebbe non essere sufficiente: un portavoce dell’HMRC (Her Majesty’s Revenue and Customs, il fisco britannico), ha fatto sapere che le tasse non sono su base volontaria e che “i cittadini si aspettano che le imprese paghino il dovuto”, annunciando “ogni iniziativa, anche di fronte ai tribunali, per combattere i comportamenti non conformi alla disciplina fiscale vigente”. Scettica anche la portavoce di UK Uncut, Hannah Pearce: “Si tratta di un tentativo disperato di sottrarsi alla pressione del pubblico. Offrirsi di pagare qualcosa in un certo momento non ti rende un contribuente migliore”.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.