Di Alien ne hanno fatti quattro, di Rocky addirittura sei (ma nell’ultimo, praticamente, aveva le emorroidi) e per ora la saga Berlusconi Presidente del Consiglio è – sconfitte a parte – a quota quattro mandati ottenuti. Corre per il quinto.
Volessimo forzare una metafora potremmo dire che il rientro in politica di Berlusconi è un formidabile (involontario) momento dadaista, come se il comandante Schettino, con la nave schiantata che cola a picco, risalisse a bordo e se la prendesse coi naufraghi “Ma che diavolo avete combinato?!”. Certo, quelle di Silvio sono solo responsabilità politiche mentre la sacrosanta giustizia per le vittime della Concordia è faccenda penale che verrà (speriamo) accertata.
Ma anche in Italia è andata in scena una tragedia/naufragio e, anche se farà finta di nulla, al timone c’era lui (Silvio). Una tragedia che aveva lasciato un paese allo sbando, a un passo dal default, con uno spread doppio rispetto quello di oggi, e l’opinione pubblica mondiale che aveva smesso di occuparsi del nostro parlamento da quando esso, attraverso una votazione, aveva pubblicamente stabilito di credere che Ruby fosse la nipote di Mubarak e magari si accingeva a svelare la reale identità di Zorro. Economia in ginocchio, industria e lavoro morenti, i giovani precari avevano quasi smesso di lamentarsi della precarietà perché, nel frattempo, da incubo si era trasformata in chimera. La dignità di molte persone era stata erosa da un interminabile concerto d’archi sul Titanic/Italia in fase di affondamento, mentre l’unica risposta ad un crisi devastante era una sorta di ottimismo per endoscopia che ci veniva rifilato a colpi di gag da gita aziendale.
Fino ad oggi, piacesse o meno e con alcuni errori, c’era un governo che stava provando (e in parte riuscendo) a sistemare la nave; c’era al timone uno di cui le varie “capitanerie di porto” europee si fidavano. Monti però ha voluto risparmiarsi il penoso minuetto di coloro che, dopo avergli chiesto la carità di salvare questo paese dal loro fallimento adesso, in campagna elettorale, giocheranno a prendere le distanze da lui.
Le linee della campagna elettorale di Silvio le immaginiamo, uno spartito “celeste” con ritmi che staranno fra Mary Poppins e le Oba Oba, però facciamo attenzione; lui non torna per vincere. Con la dose di “lacrime/sudore/sangue” che ci attende, politicamente il vero affare sarebbe perderle queste elezioni (Grillo ad esempio, secondo me lo sa bene). Ecco perché, nonostante il centrosinistra sia in schiacciante vantaggio (premessa perfetta per le sue Caporetto) stavolta il Pd non riuscirà a perdere (e i folli come me faranno pure festa).
Silvio cercherà di “perdere bene” e di mandare in parlamento la truppa più numerosa possibile anche per “fare diga” (con la D) in caso qualcuno, ma fossi in lui starei tranquillo, dopo quasi trent’anni decidesse che forse questo paese ha bisogno di una legge sul conflitto d’interessi.
Ma la vera domanda è, che ne è stato nel centro destra di quella “necessità di rinnovamento” che in queste settimane nella quali si parlava di primarie, sembrava ineludibile? Dove sono coloro che hanno trascorso i giorni delle primarie Pd a dileggiarne meccanismi ed elettori salvo poi, con mansueta transumanza, accucciarsi nuovamente nel gregge padronale e dire all’elettorato Pdl “Scherzavamo”?
Se infatti alcune voci circa certe candidature alle primarie tracciavano scenari sconfortanti è anche vero che gente come Cattaneo o Guido Crosetto avrebbe dato linfa preziosa al Pdl.
Flannery O’Connor – se la memoria mi sorregge – sosteneva che “…si deve smettere di DIRE di no, dobbiamo FARE di no”. Il primo che, nel centrodestra, troverà questo coraggio avrà in mano una carta decisiva; un centrodestra normale. Immaginate cosa sarebbe questo paese con un centro destra normale che affronta un centrosinistra normale. Chiediamo poco in fondo come elettori, il problema è che il destino ne è al corrente e si diverte a farci scegliere senza darci, realmente, alcuna scelta.