In fondo alla Penisola araba, dimenticata dalla diplomazia e ignorata dai mezzi d’informazione, è in corso dal febbraio 2011 quella che un rapporto di Amnesty International ha definito “una catastrofe dei diritti umani”.
Siamo nella provincia di Abyan, nel sud dello Yemen, dove da quasi due anni si confrontano le forze di sicurezza governative e i ”jihadisti” di Ansar al-Shari’a (“I partigiani della Shari’a), un gruppo armato islamista affiliato ad al-Qa’eda nella Penisola araba.
Dal febbraio 2011 al giugno 2012, nel periodo in cui Ansar al-Shari’a ha amministrato la provincia di Abyan, è stato terrore puro, tra uccisioni sommarie in pubblico, decapitazioni, amputazioni, frustate e crocifissioni.
All’inizio del 2011, mentre le forze di sicurezza dello Yemen erano concentrate nella repressione della “primavera araba” che chiedeva le dimissioni del presidente Abdullah Ali Saleh, Ansar al-Shari’a si è infiltrato agevolmente nella provincia di Abyan, attaccando basi e postazioni dell’esercito, impossessandosi dei depositi di armi e finendo per controllare tutti i principali centri compreso il capoluogo Zinjibar.
Un ruolo fondamentale nelle “istituzioni di governo” di Ansar al-Shari’a hanno avuto i tribunali religiosi, che hanno emesso numerose condanne a morte, alle amputazioni e alle frustate nei confronti di persone sospettate di spionaggio e collaborazionismo col nemico o di deviazioni dalle nuove norme comportamentali in vigore.
Un uomo di 28 anni, Saleh al-Jamil, giudicato colpevole di aver piazzato due congegni elettronici in altrettanti veicoli, consentendo così ai droni statunitensi (del cui ruolo nello Yemen abbiamo già scritto in questo blog) di uccidere due comandanti di Ansar al-Shari’a, è stato ucciso e il suo cadavere è stato crocifisso in una pubblica piazza della città di Ja’ar.
Sempre a Ja’ar, dopo cinque giorni di torture, un ragazzo appartenente a un gruppo emarginato, gli al-akhdam (“i servi”) è stato giudicato colpevole di aver rubato dei cavi elettrici e gli è stata tagliata una mano, poi lasciata esposta a lungo nel mercato comunale.
Per rafforzare il controllo sulla popolazione, Ansar al-Shari’a ha introdotto rigide norme religiose e sociali, che hanno colpito soprattutto le donne, come quelle riguardanti l’abbigliamento. È stata inoltre ordinata la separazione tra uomini e donne nelle scuole e sul posto di lavoro.
In ogni scuola femminile della provincia, Ansar al-Shari’a ha piazzato un’istruttrice incaricata di supervisionare l’applicazione delle norme.
Alla fine, nel maggio 2012, ampiamente risolti i problemi con la “primavera araba” grazie anche a un vergognoso accordo per il passaggio dei poteri che ha garantito piena immunità all’ex presidente Saleh e ai suoi più stretti collaboratori, l’esercito yemenita è passato al contrattacco, da terra e dal cielo. In un mese la provincia di Abyan è stata riconquistata.
La potenza e il carattere indiscriminato degli attacchi dell’esercito yemenita, così come il fatto che Ansar al-Shari’a avesse posto le sue basi all’interno dei centri abitati, hanno causato centinaia di morti tra la popolazione civile la fuga disperata di oltre 250.000 persone.
Ansar al-Shari’a è stato ricacciato indietro ma è pronto a riprendere l’offensiva.
A settembre, le autorità yemenite hanno annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui crimini commessi da Ansar al-Shari’a, ma non si ha notizia di ulteriori sviluppi né dei criteri con cui questo organismo sia stato eventualmente costituito.
Le persone incontrate da Amnesty International nella sua ultima missione nello Yemen, compresa la provincia di Abyan, hanno detto tutte la stessa cosa: “Quello che è successo in questi mesi ce lo ricorderemo per decenni”.
Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Diritti - 10 Dicembre 2012
Yemen, la catastrofe dimenticata dei diritti umani
In fondo alla Penisola araba, dimenticata dalla diplomazia e ignorata dai mezzi d’informazione, è in corso dal febbraio 2011 quella che un rapporto di Amnesty International ha definito “una catastrofe dei diritti umani”.
Siamo nella provincia di Abyan, nel sud dello Yemen, dove da quasi due anni si confrontano le forze di sicurezza governative e i ”jihadisti” di Ansar al-Shari’a (“I partigiani della Shari’a), un gruppo armato islamista affiliato ad al-Qa’eda nella Penisola araba.
Dal febbraio 2011 al giugno 2012, nel periodo in cui Ansar al-Shari’a ha amministrato la provincia di Abyan, è stato terrore puro, tra uccisioni sommarie in pubblico, decapitazioni, amputazioni, frustate e crocifissioni.
All’inizio del 2011, mentre le forze di sicurezza dello Yemen erano concentrate nella repressione della “primavera araba” che chiedeva le dimissioni del presidente Abdullah Ali Saleh, Ansar al-Shari’a si è infiltrato agevolmente nella provincia di Abyan, attaccando basi e postazioni dell’esercito, impossessandosi dei depositi di armi e finendo per controllare tutti i principali centri compreso il capoluogo Zinjibar.
Un ruolo fondamentale nelle “istituzioni di governo” di Ansar al-Shari’a hanno avuto i tribunali religiosi, che hanno emesso numerose condanne a morte, alle amputazioni e alle frustate nei confronti di persone sospettate di spionaggio e collaborazionismo col nemico o di deviazioni dalle nuove norme comportamentali in vigore.
Un uomo di 28 anni, Saleh al-Jamil, giudicato colpevole di aver piazzato due congegni elettronici in altrettanti veicoli, consentendo così ai droni statunitensi (del cui ruolo nello Yemen abbiamo già scritto in questo blog) di uccidere due comandanti di Ansar al-Shari’a, è stato ucciso e il suo cadavere è stato crocifisso in una pubblica piazza della città di Ja’ar.
Sempre a Ja’ar, dopo cinque giorni di torture, un ragazzo appartenente a un gruppo emarginato, gli al-akhdam (“i servi”) è stato giudicato colpevole di aver rubato dei cavi elettrici e gli è stata tagliata una mano, poi lasciata esposta a lungo nel mercato comunale.
Per rafforzare il controllo sulla popolazione, Ansar al-Shari’a ha introdotto rigide norme religiose e sociali, che hanno colpito soprattutto le donne, come quelle riguardanti l’abbigliamento. È stata inoltre ordinata la separazione tra uomini e donne nelle scuole e sul posto di lavoro.
In ogni scuola femminile della provincia, Ansar al-Shari’a ha piazzato un’istruttrice incaricata di supervisionare l’applicazione delle norme.
Alla fine, nel maggio 2012, ampiamente risolti i problemi con la “primavera araba” grazie anche a un vergognoso accordo per il passaggio dei poteri che ha garantito piena immunità all’ex presidente Saleh e ai suoi più stretti collaboratori, l’esercito yemenita è passato al contrattacco, da terra e dal cielo. In un mese la provincia di Abyan è stata riconquistata.
La potenza e il carattere indiscriminato degli attacchi dell’esercito yemenita, così come il fatto che Ansar al-Shari’a avesse posto le sue basi all’interno dei centri abitati, hanno causato centinaia di morti tra la popolazione civile la fuga disperata di oltre 250.000 persone.
Ansar al-Shari’a è stato ricacciato indietro ma è pronto a riprendere l’offensiva.
A settembre, le autorità yemenite hanno annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui crimini commessi da Ansar al-Shari’a, ma non si ha notizia di ulteriori sviluppi né dei criteri con cui questo organismo sia stato eventualmente costituito.
Le persone incontrate da Amnesty International nella sua ultima missione nello Yemen, compresa la provincia di Abyan, hanno detto tutte la stessa cosa: “Quello che è successo in questi mesi ce lo ricorderemo per decenni”.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".