Dalla Santa Messa alla legge ‘santa’. Regionale. In appena quattro anni. Ma visti i tempi biblici (metafora a tema) della politica campana, per il cardinale Crescenzio Sepe, king maker della delibera approvata ieri in consiglio regionale a Napoli, è comunque un successo. Lui ha dettato la linea, e non è colpa sua se i politici campani sono lenti. Tutto iniziò nel 2008, quando l’arcivescovo celebrò una funzione religiosa nel Palazzo del consiglio regionale della Campania e a margine di quell’occasione sollecitò al presidente del consiglio Sandra Mastella una variazione del meccanismo di finanziamento per gli oratori. Per affidarlo a una legge ad hoc, in modo da stabilizzare le erogazioni, all’epoca distribuite tramite decreti sui singoli progetti, e non in base a un piano complessivo.
C’è voluto un po’ di tempo, ma il suggerimento del cardinale è stato accolto. Con la legge regionale approvata ieri all’unanimità e coi politici di centrodestra, centro e centrosinistra a fare la corsa a dettare alle agenzie dichiarazioni di ringraziamento al porporato per l’illuminazione ricevuta.
Il provvedimento, sia detto, merita il massimo rispetto e tende la mano verso i tantissimi parroci e preti che svolgono un lavoro insostituibile nell’educare i giovani e sottrarli alle tentazioni della criminalità. Riconosce di fatto la funzione sociale degli oratori come presidi di solidarietà e legalità, anche se per evitare un’impugnativa del Governo ha dovuto ammorbidire il testo sul punto, ed eliminare un richiamo normativo alle ‘parrocchie’ che avrebbe scatenato il solito putiferio sulla natura dei rapporti tra Chiesa e Stato. Ma principalmente la ‘legge Sepe’ tiene larghi i cordoni della borsa. Prevede uno stanziamento di due milioni e mezzo di euro, che in questi tempi di crisi sono ossigeno puro. Soldi che verranno divisi tra i progetti degli oratori ritenuti meritevoli, secondo il giudizio della consueta ‘apposita commissione’ creata per la bisogna.
Per fortuna a costo zero. Il comitato tecnico di valutazione, composto da cinque persone di nomina del consiglio e cinque di nomina della giunta Caldoro, rimarrà in carica tre anni, verrà scelto tra persone che non hanno rapporti economici con la Regione e lavorerà senza compenso.