Il Comune di Torino entro il 31 dicembre 2012 vuole portare a termine la cessione delle sue quote di Gtt (trasporto pubblico), di Amiat e Trm (rifiuti e inceneritore del Gerbido) e Sagat (Aeroporto di Caselle). Il Comune guidato da Piero Fassino vorrebbe ottenere dai 280 ai 300 milioni di euro dalle cessioni per poter chiudere il bilancio in pareggio ed evitare di sforare una seconda volta il patto di stabilità. Sforando il patto di stabilità il Comune incorrerebbe in sanzioni che renderebbero la situazione della città insostenibile e vicinissima al default tecnico dato che già ora il debito del Comune è di circa 3.5 miliardi di euro.
La situazione delle vendite non sta però procedendo troppo bene perché il mercato non tira, di denaro in giro non se ne vede molto e forse quelli che sta cercando di vendere Fassino non sono gioielli così brillanti per gli acquirenti potenziali. Le procedure di vendita sono andate quasi tutte deserte e il Comune sta cercando di modificare situazioni statutarie per rendere più appetibili le aziende ai compratori. La vendita delle quote di Trm e Amiat è andata benino. Dovrebbero entrare in cassa 155 milioni di euro: il 15% in meno dei 182 previsti grazie alla cordata guidata da Iren. La situazione è ancora molto intricata per Sagat dato il fatto che l’Aeroporto di Caselle sta continuando a perdere viaggiatori e voli in una spirale che sembra infinita. La cessione di Gtt potrebbe trasformarsi in una svendita vera e propria dato che Trenitalia, unico acquirente rimasto in gara, ha fatto una proposta che prevede uno sconto del 35% sul prezzo sperato da Fassino e i suoi.
Ora la domanda sorge spontanea: ha un senso svendere queste quote per tentare in tutto e per tutto per stare dentro al patto di stabilità ? E’ vero che il Governo vuole che in un ambito di maggiore spinta al mercato si vendano le quote delle partecipate, ma c’è ancora tempo. La situazione del bilancio del Comune di Torino è gravissima. Fassino l’ha praticamente ereditata dal decennio di Chiamparino e soci. Però politicamente Fassino in campagna elettorale si è presentato come un continuum dell’era Chiamparino di cui deve ereditare onori e oneri.
Ma una cifra più o meno definita di debito del Comune fra i 3.3 e 3.5 miliardi di euro fa paura. E’ una cifra pro capite da record italiano.
Questa montagna di debiti è certamente nata da molti soldi spesi per le Olimpiadi e per le varie opere per migliorare Torino in tempi di vacche grasse, ma anche da ipotesi di investimenti che poi si sono rivelati poco produttivi, oltre che da avventure finanziarie non proprio memorabili. E non è bastato cercare maniacalmente oneri di urbanizzazione dalle molte case costruite, ed ora vuote, che sono spuntate ovunque siano stati smantellati capannoni industriali .
Non ha più di tanto funzionato il ticket (piuttosto discutibile eticamente) di trasferire Chiamparino alla seggiola più alta della Compagnia di San Paolo, una delle due fondazioni bancarie “regine” con la Fondazione CRT della piazza torinese. La crisi ha messo in difficoltà anche le fondazioni bancarie riducendo alla grande i loro profitti dalle banche partecipate, per cui i banchieri veri hanno spiegato al banchiere Chiamparino che non era il caso di mettersi strane idea in testa per salvare Fassino e la sua giunta.
Nel frattempo i debiti non corrisposti dal Comune stanno massacrando molte aziende che attendono di essere pagate come ad esempio le cooperative sociali che lavorano nell’assistenza e dintorni, o come in maniera più eclatante il Csi Piemonte che rischia di andare a fondo anche per i debiti non onorati da parte del Comune a sua volta socio del consorzio stesso.
Ovviamente i cittadini sotto la Mole si sono già messi il cuore in pace che per un bel po’ di anni (o decenni) pagheranno Imu e consimili con le indicizzazioni più alte possibili per contribuire alla crescita dei ricavi e si accontenteranno di avere servizi modesti rispetto al passato, leggi alla voce diminuzione costi, sperando che questi non vadano sotto alla soglia della decenza.
Ma con i chiari di luna economici del futuro è realistico pensare che si possa rientrare del maxi debito in tempi non geologici? La risposta è difficile. Considerato che la congiuntura economica non potrà migliorare di molto che quindi la città non potrà aumentare ricavi e che il Comune non potrà ridurre ancora i costi e gli investimenti come si fa a rientrare dei debiti ? L’assessore competente Passoni è bravo e le ha tentate tutte, ma non si può fare miracoli.
Quindi che senso ha vendere tutte le partecipate in blocco ricavando meno del previsto. Finite queste il prossimo anno che si vende? L’argenteria del Consiglio Comunale e la statua del Conte Verde in Piazza di Città? Vale la pena l’accanimento terapeutico per evitare l’onta (ma è proprio un’onta) del default? Oppure è possibile pensare a un default pilotato e ragionato su cui spostare energie, pensieri e denari per poter uscire dall’emergenza certo con un periodo di lacrime e sangue, ma per poi guardare avanti tentando di rilanciare l’economia e le speranze della città?
Fassino si fermi un momento. E metta, una volta tanto, il suo orgoglio da parte e pensi alla sua città. Potrebbe passare alla storia come il sindaco del default, ma anche come il sindaco dell’inizio della risurrezione.