Tagli alla cultura e richieste dei cittadini del tutto inascoltate. In Italia ormai non si può avere dialogo, senza organizzare una dura resistenza ai progetti degli affaristi di turno. Come si può pretendere, in un contesto di questo tipo, che non si sviluppino sacche di resistenza decise a mettersi di traverso ed impedire a politici e faccendieri vari di fare soldi sulla pelle della cittadinanza ignara? Guardiamo (anche) al caso di Trieste, dove in questi giorni il ministro (dell’Ambiente) Clini si è visto fischiare e insultare al punto di doversene tornare a casa. Fra le persone che gli ricordavano come la cittadinanza, anche quando si è parte di un governo che nessuno ha votato, va almeno ascoltata, c’era una amica triestina, Eleonora Molea. Che ci scrive:
Trieste è considerata la città del “no se pol”, “non si può”, solitamente inteso in senso lavativo e disinteressato. Ma la cittadinanza che sta scendendo in strada a urlare il suo NO questa volta è spronata da una nobile motivazione: la tutela del proprio ambiente, contro chi pensa solo a un fantomatico ‘sviluppo’. Il progetto della spagnola GasNatural, che prevede la costruzione di un rigassificatore a Trieste, più precisamente nella baia di Zaule, è la causa contro la quale i triestini si stanno mobilitando sempre più attivamente. Ma mentre anche Paesi come Austria e Slovenia si dimostrano contrari a questo progetto, il governo italiano, attraverso il ministro dell’Ambiente Clini, vuole riaprire la procedura dell’Autorizzazione integrata ambientale, senza escludere che la Gas Natural possa proporre un sito triestino alternativo.
Riguardo ai vantaggi del rigassificatore a Trieste, è stato sfatato il mito dell’autoproduzione: il gas liquido verrebbe esportato verso i Paesi del nord, che peraltro tutt’ora dipendono da rigassificatori francesi freschi di costruzione. Il governatore Tondo, poi, afferma che questo progetto dovrebbe contribuire allo sviluppo commerciale della città. Ebbene, Trieste può vantare di essere il porto più settentrionale dell’Adriatico e, secondo i dati esposti dalla Presidente dell’Autorità Portuale Trieste, può aspirare a diventare nel 2013 il primo porto italiano per volumi complessivi di traffico petrolifero: aspettative che verrebbero deluse dalle gasiere in azione che interdirebbero, secondo l’Imo, il passaggio di petroliere e portacontainer.
Il progetto non offrirebbe posti di lavoro, ma aggraverebbe le condizioni ecosistemiche del golfo (raffreddamento dell’acqua, cloro versato, conseguente sterilità della fauna marina e formazione di batteri altamente tossici), aumenterebbe il rischio di attentati terroristici (successe già nel 1972 ai serbatoi di stoccaggio della Siot) e di un effetto domino a dir poco catastrofico. Tanto più perché al contrario di altri rigassificatori presenti in territorio italiano, la Gas Natural ha proposto questo sito non propriamente offshore, e troppo vicino alla costa triestina, rendendola peraltro vittima di inquinamento acustico.
Oltre a tenere in considerazione tecnologie alternative e più sostenibili, ad esempio il “Triplete”, non sarebbe più opportuno far leva sulle risorse che Trieste ha già, quali il suo porto, un turismo naturalistico e culturale che deve ancora essere potenziato a dovere? O se non altro occuparsi di una Ferriera tutt’ora fonte di disagi?
I recenti tagli alla cultura (del 60%) hanno portato una forte ondata di rammarico tra i cittadini che hanno mostrato di essere tutt’altro che ignavi, ma partecipanti attivi delle sorti della città che lasceranno alle prossime generazioni. Il fatto che il rigassificatore venga attivato fra vent’anni non è un alibi per non avvertire questo progetto come rovinoso sulla propria pelle. I manifestanti, definiti anti-democratici perché hanno urlato ‘vergogna’ a Tondo interrompendo un’assemblea indetta dalla diocesi triestina e alla presenza del ministro dell’Ambiente Clini, si sono fatti sentire per un semplice motivo: chi dovrebbe rappresentarli sembra non ascoltare la loro voce.