Si dice che Sant’Antonio, patrono di Padova, sia il santo più pregato al mondo. Non si sa se si tratti di una leggenda, certo è che il mensile della Basilica del Santo, il Messaggero di Sant’Antonio, appunto, è tra i più diffusi in tutto il pianeta, tradotto in varie lingue, distribuito in tutte le comunità cattoliche devote al Santo, con 540mila abbonati. A dirigerlo c’è un frate. Anzi, sarebbe meglio dire c’era un frate. Perché da ieri il direttore padre Ugo Sartorio, 54enne frate francescano, è stato sospeso per quattro mesi. L’ordine dei giornalisti del Veneto lo ha sanzionato perché avrebbe inserito nel suo giornale articoli pubblicitari non distinguendoli dalle notizie vere e proprie. Ancora non è chiaro se Sartorio abbia incassato del denaro in cambio delle notizie pubblicate, sarà la magistratura a scoprirlo nel caso venga aperta un’inchiesta. Altra notizia degna di nota è che a difendere la posizione di Sartorio è l’onorevole Piero Longo, legale di Berlusconi, che ha quindi inserito nella sua già fitta agenda (tra Ruby e impegni in Senato), anche la vicenda professionale del direttore francescano.
“Il provvedimento è temporaneo – ha affermato ieri il legale – non posso entrare nel merito dei contenuti, violerei il segreto professionale”. La redazione, che ha sede proprio all’interno della Basilica a due passi dal Prato della Valle, si è stretta nel massimo riserbo. Poche ore fa invece la casa editrice del giornale, ovvero i francescani stessi, hanno riconfermato la fiducia al frate. Padre Sartorio è stato sentito più di una volta dal presidente dell’ordine dei giornalisti veneti Gianluca Amadori e dalla commissione incaricata di valutare il suo caso. Sul tavolo del presidente erano infatti arrivate notizie su certi “redazionali” pagati da qualcuno ma “spacciati” come interviste, articoli, inchieste giornalistiche. Le norme che regolano la professione giornalistica prevedono che il lettore debba poter distinguere la pubblicità dall’informazione. La prima è pagata, la seconda no. Il direttore e i suoli giornalisti sono (o dovrebbero essere) pagati dall’editore, non da aziende, privati, o tanto meno politici. Questo è proprio il punto su cui si è concentrata l’istruttoria dell’organo regionale che tutela il lavoro giornalistico.
Sartorio ha preso dei soldi per gli articoli che ha pubblicato? E’ una domanda che ancora non ha trovato risposta. Di certo il direttore del mensile cattolico, interrogato sulla questione, non ha saputo dare risposte che convincessero la commissione. L’unica notizia trapelata è che tra le persone intervistate dietro presunto compenso ci sarebbero imprenditori e personaggi noti. Per questo è arrivata la sospensione, una tra le misure più “estreme” applicate dall’ordine dei giornalisti, soprattutto in Veneto, tanto più se inflitta al capo di una testata di un ente religioso. Che Sartorio non fosse particolarmente amato in ambiente giornalistico è cosa nota, qualche nemico lo aveva di sicuro. E forse nella schiera delle persone che con il tempo si sono allontanate dalla redazione, qualcuno ha deciso di presentargli il conto. Ora Sartorio e il suo avvocato Longo hanno annunciato la volontà di fare ricorso all’ordine nazionale, che sarà chiamato ad esprimersi per confermare o ridurre la sanzione. Nel caso di conferma il legale potrebbe rivolgersi alla magistratura ordinaria.
Intanto la Basilica difende fra’ Sartorio a spada tratta attraverso una nota: “Padre Ugo Sartorio rimarrà direttore generale del Messaggero di sant’Antonio: i superiori (editori del mensile) gli hanno riconfermato la fiducia e il loro sostegno – si legge nel comunicato -. Al momento il direttore del Messaggero non entra nel merito dei fatti, essendoci ancora un procedimento in corso. Si limita a precisare, a tutela dell’onorabilità sua e dei frati, dell’Opera da lui diretta e degli oltre cento dipendenti che vi lavorano, che la vicenda, peraltro riferita al passato, non è legata al Messaggero di sant’Antonio edizione nazionale, bensì a una rivista minore che viene diffusa solo all’estero. Tale periodico è operativamente gestito da un direttore di testata, che non è padre Ugo Sartorio, il quale però, in qualità di direttore responsabile, è chiamato comunque a risponderne”.