L'Authority inglese delle telecomunicazioni nel suo Rapporto 2012 analizza la giungla delle offerte del Vecchio Continente e certifica, solo per il fisso, un rincaro del 22% registrato tra luglio 2011 e luglio 2012 spinto dai prezzi del gruppo di Bernabè
Piange il telefono. Anzi, il telefonista. Italiano. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, la certificazione è arrivata da Ofcom, l’Authority inglese delle telecomunicazioni nel suo Rapporto 2012 che analizza la giungla delle offerte attraverso la creazione di una serie di scenari tipo e che sostiene che l’Italia è in prima linea negli aumenti dei prezzi delle telecomunicazioni, con un +22% registrato solo dalla telefonia fissa tra luglio 2011 e luglio 2012 “principalmente a causa degli aumenti delle tariffe di Telecom Italia“. Il paniere che include linea telefonica fissa, cellulari, tv, banda larga fissa e mobile, poi, agli utenti italiani costa mediamente 126 euro in più rispetto ai sudditi di Sua Maestà.
La situazione non cambia se si analizza poi la “tariffa migliore“, cioè il prezzo più basso in assoluto offerto al consumatore, che nel nostro Paese ha registrato un balzo dell’ 8 per cento. Colpa, appunto, della scarsa concorrenza sul fisso e delle resistenze di quello che dovrebbe essere l’ex monopolista di Stato cui gli utenti sono costretti a far riferimento nel passaggio ad altro operatore e che in queste settimane è alle prese con un confronto con l’Antitrust italiano per una serie di presunti abusi la cui gravità avrebbe avuto l’effetto di rallentare il processo di crescita dei concorrenti nella telefonia vocale e nell’accesso a internet a banda larga, tanto che l’ipotesi è di un boicottaggio del 15-20% delle attivazioni e di 5 milioni di passaggi ad altro operatore tra il 2009 e il 2011. Una situazione che si intreccia con le storie dell’azionariato del gruppo guidato da Franco Bernabé che da mesi sta sta valutando lo scorporo della rete in rame e la partecipazione al progetto di banda larga di Metroweb.
Eppure nonostante le tariffe fra le più alte d’Europa, Bernabé, come dichiarato la settimana scorsa in un’intervista a Il Messaggero, procederà allo scorporo della rete solo “se ci sono forti incentivi regolamentari”. Il manager aveva spiegato che “deve esserci un incentivo forte sia per la società che nascerà sia per quella che resta. Se invece tutto rimane come è oggi, allora viene meno il presupposto essenziale”. Per la società certamente, ma non per il cittadino che potrebbe beneficiare in futuro di un miglior servizio ad un costo più basso. Intanto, però, il numero uno di Telecom si è anche visto confermare l’incarico presidente per un altro biennio (2013-2014) dell’associazione Gsma, che rappresenta circa 800 operatori di telefonia mobile nel mondo.
“Sono lieto e onorato di essere stato confermato presidente per un secondo mandato – ha dichiarato Bernabé -siamo in un momento importante per lo sviluppo del settore della telefonia mobile, ci metteremo subito all’opera con il nuovo consiglio di Gsma per guidare l’innovazione che è il fondamento stesso del successo del Gsm e del mondo mobile”. Preoccupa solo il fatto che, anche nel wireless, l’Italia non brilli certo per prezzi convenienti per l’utenza: lo studio della Ofcom mostra come il nostro sia fra i Paesi più cari del Vecchio continente. Anche solo per inviare un sms. Se, infatti, il costo di questo servizio in Gran Bretagna è di 1,6 pence e in Francia si arriva a 2,1 pence, in Italia invece si sale a 2,4 pence. Cifra che ci vede però davanti alla Germania dove il costo ammonta a 5,9 pence. Non resta che sperare per i cittadini stranieri, tedeschi esclusi, che il modello di Bernabé per il wireless non ricalchi quello italiano.