Società

I pericoli del multitasking. Uno alla volta, per carità…

Nessuna ambizione di carattere lirico. Niente paura.

In vista del weekend e reduci da argomenti impegnativi, stavolta si va sul leggero.

Oggi parliamo di “multitasking”, espressione inglese che molte persone adoperano per sottolineare la loro capacità di fare più cose contemporaneamente.

Il termine di origine informatica è palese indizio della tecnicizzazione del nostro linguaggio, l’abbinamento è invece segno di un desiderio recondito di non sentirsi secondi dinanzi al computer e alla sua abilità di svolgere simultaneamente operazioni diverse.

L’odierna frenesia pronosticata da Ernesto Calindri (intento a sorseggiare un drink a un tavolino nel bel mezzo di un incrocio) e stigmatizzata con l’inossidabile “logorio della vita moderna” non scende dalla ribalta.

A suggerirci un ritmo più blando è Tomasz Paczkowski (ho impiegato due giorni a scriverne il cognome ed è per questo che il mio post arriva in ritardo…), che al pari del manzoniano Carneade merita un corale “Chi era costui?”.

Il buon Tomasz (non mi chiedete di riscrivere il cognome….) è un tranquillo trentaduenne di Elblag, in Polonia, e non ha particolari trascorsi che gli abbiano fatto meritare notazioni di cronaca. O almeno non le aveva fino a qualche giorno fa, quando ha deciso di dare una mano alla moglie intenta a sbrigare le faccende di casa.

Il poveretto si era preso una settimana di vacanza, circostanza frequente in questo periodo vuoi per l’avvicinarsi del Natale, vuoi per certi obblighi aziendali di consumare entro la fine dell’anno quei giorni di ferie non fruite che sbilanciano la gestione delle risorse umane.

La moglie, alzatasi di buon’ora, si accorge che si è fatto tardi e – preparatasi in un baleno ad andare in ufficio – lascia al marito una serie di incombenze da assolvere nel corso della mattinata. Proprio mentre è sull’uscio di casa, chiede a Tomasz di stirare alcune camicie e qualche altro indumento.

Lui, sempre stato convinto di poter svolgere una miriade di attività contestualmente, si attrezza in maniera professionale. Piazza l’asse da stiro in sala da pranzo proprio di fronte al televisore che accende all’istante. Sistema il telefono di casa a portata di mano (c’è sempre qualcuno che chiama nei momenti meno opportuni!), si attrezza con birra e sandwich nonostante l’orario tipico per cappuccino e cornetto. Seleziona il programma sportivo preferito e comincia a stirare.

A un certo punto iniziano le riprese di un evento sportivo molto appassionante e lui alterna il ferro da stiro al bicchiere e al panino. Lo sguardo è incollato allo schermo e in maniera automatica stira, fa zoom sull’immagine, mangia, attiva la “moviola”, stira, beve. Non si perde un fotogramma.

Squilla il telefono, ma lui è troppo preso dal fervore agonistico.

Il telefono continua a squillare, ma il momento è cruciale. L’interminabile trillo lo sta infastidendo e così decide di rispondere ovviamente senza distogliere lo sguardo dalla competizione in corso.

Allunga la mano e prende la cornetta.

E si sbaglia.

Non si accorge della significativa differenza di peso e porta all’orecchio il ferro da stiro incandescente…

La clamorosa ustione gli ha fatto meritare i titoli della stampa polacca che non ha esitato ad approfittare di una così bizzarra notizia.

Fortunatamente lo sventurato Tomasz non aveva paura dei ladri.

Che sarebbe successo se avesse tenuto a portata di mano un revolver?

umberto@rapetto.it