Mentre la politica italiana continua a dare di sé uno spettacolo ignobile – tra inchieste che svelano le miserie degli scrocconi e gli offensivi balletti “mi candido o forse no” – la gente normale, oltre a sentirsi presa in giro, è alle prese con l’anno che finisce benedetto dalla rata dell’Imu e da un Natale sempre più povero.
Ma la fine dell’anno è anche un’angosciante scadenza per i profughi che più di un anno fa arrivarono in Italia scappando dalla guerra civile in Libia. In questi giorni stanno facendo manifestazioni un po’ in tutta Italia, da Alessandria a Napoli, per ricordarci che esistono: sono qui e sono “in scadenza”. Naturalmente, in varie parti del nostro civile Nord, la Lega si è segnalata per le consuete dichiarazioni d’inciviltà. Questa è del vicesindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini (nomen non omen): “Tutti i profughi, compresi i rifugiati libici, vanno mandati a casa senza distinzione. Sgomberiamo il campo da cortine fumogene basate sulla tolleranza, sulla solidarietà e sul permissivismo”.
Del resto noi siamo il Paese dei respingimenti in mare: una politica per la quale la Corte di Strasburgo continua a sanzionarci, ma a noi piace così. Cioè ci va bene che i consiglieri regionali (tanti sono della Lega) scialacquino i soldi dei rimborsi elettorali in videogame, gratta&vinci, creme e dolci, ma se lo Stato stanzia 43 euro al giorno per i profughi è uno scandalo. Loro sono dei mangiapane a tradimento, invece il capogruppo della Lega al Pirellone che si sarebbe fatto rimborsare i soldi per il matrimonio della figlia è un onesto cittadino.
Sui media nazionali si parla di circa diecimila persone. Ma – spiega Piero Soldini, responsabile nazionale Cgil immigrazione – “in realtà sono più del doppio, per quanto risulta a noi: circa 23 mila”. Sono arrivati quando è scoppiata la guerra civile in Libia e sono rimasti con un piano di emergenza stanziato dal governo: circa il 50 per cento di loro non ha ottenuto il diritto di asilo. E ora, che sarà di loro? Avranno una proroga di sei mesi, grazie a un decreto del ministero dell’Interno, con un permesso temporaneo per motivi umanitari. “Questo permesso – racconta Soldini – può essere prorogato o trasformato in permesso di lavoro. Ma ciascuno dovrà fare domanda alla Prefettura, cosa che creerà intoppi burocratici”.
Per le associazioni che si occupano dei profughi il problema sarà l’ospitalità: il piano di emergenza per il Nordafrica è appunto in scadenza. “Quello che sappiamo, in via ufficiosa, è che il governo sta pensando a una proroga di due o tre mesi – continua il sindacalista – in modo che i richiedenti asilo possano trovarsi un lavoro. La cosa più importante è che il provvedimento di proroga dovrebbe essere accompagnato da piani di facilitazione e integrazione. È allo studio con il ministero del Lavoro un programma per la formazione linguistica, civica, professionale. Per fortuna oltre all’emergenza si ragiona con un minimo di lungimiranza: questa rischiava di diventare una vergogna internazionale”. A scanso di equivoci, i fondi per l’integrazione in Italia sono quasi totalmente europei. Che noi siamo la frontiera del Mediterraneo è una barzelletta: “In Italia abbiamo 55 mila rifugiati, in Germania sono 500 mila”.
Il Fatto Quotidiano, 16 dicembre 2012