Dichiarato nullo l'unico interrogatorio reso in carcere dal capomafia ai pm Ingroia e De Francisci, che avevano sentito il padrino dopo il suo tentato suicidio. Lo avevano sollecitato a "pentirsi", ma in assenza del suo avvocato. Da qui la decisione del giudice
Coma farmacologico. Sono queste le condizioni di salute del boss Bernardo Provenzano, che oggi è stato sottoposto a un’operazione per la rimozione di un ematoma al cervello. L’intervento, resosi necessario a causa delle conseguenze di una caduta accidentale nella sua cella mercoledì scorso, è perfettamente riuscito, anche se i medici della divisione di Neurochirurgia dell’ospedale di Parma si sono riservati comunque la prognosi. Il paziente – dicono – è tenuto sotto l’effetto di medicinali specifici. In coma farmacologico quindi, come accade a tutte le persone che hanno dovuto subire operazioni alla testa.
E’ il secondo ricovero in poche settimane per il capomafia ed arriva nel giorno in cui l’unico interrogatorio reso da Bernardo Provenzano in carcere dopo l’arresto (o almeno l’unico di cui si abbia notizia) è stato dichiarato nullo e, quindi, ha perso ogni valore giuridico. Lo ha deciso il Gup di Palermo Piergiorgio Morosini, nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia. Il 31 maggio i procuratori aggiunti Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci hanno interrogato il padrino corleonese nel carcere di Parma dopo il suo presunto tentativo di suicidio, e hanno cercato di convincerlo a collaborare con la giustizia. Tutto questo in assenza dell’avvocato difensore di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, perché a parere dei due pm si trattava di un interrogatorio a una “persona informata sui fatti” e non a un imputato.
L’avvocato Di Gregorio aveva subito protestato e oggi il gup Morosini le ha dato ragione. L’ex numero uno di Cosa nostra avrebbe dovuto essere interrogato alla presenza dei suoi legali in quanto “indagato e non persona informata sui fatti”, scrive il giudice, che quindi non farà entrare il verbale nel fascicolo del processo sulla trattativa. “Provenzano doveva assumere sin dall’inizio la veste formale di persona indagata di procedimento connesso o probatoriamente collegato” con l’indagine sulla trattativa. Morosini sottolinea che la connessione tra il fascicolo sull’istigazione al suicidio e l’inchiesta sulla trattativa “si evince chiaramente da alcune domande formulate dai pm che fanno riferimento esplicito in più punti ai rapporti tra Provenzano e Vito Ciancimino”.
Domande e – lapidarie – risposte che sono state pubblicate oggi dal Corriere della Sera, che riporta diversi passaggi del verbale. “Fare male non m’è mai piaciuto e non mi piace”, risponde il boss mafioso alle sollecitazioni di Ingroia e De Francisci su un possibile “pentimento”. “Per dire io la verità – spiega il boss in dialetto – avissi a parrari male di cristiani, scusatemi”. E ancora: “Ci sono cose che… portano tutto questo male che vede”. Poi osserva: “Noi dobbiamo parlare bene se non abbiamo ricordi”.
Il boss ha ammesso il viaggio in Francia in automobile per sottoporsi a un’operazione alla prostata, ma non rammenta i particolari del suo arresto. Dice di non ricordare nemmeno se furono i poliziotti o i carabinieri a catturarlo: “Pi mia a stessa cosa sunnu”. Il padrino ammette la conoscenza con don Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo presunta “cerniera” della trattativa Stato-Mafia. “Lo conoscevo perché era paesano mio, u sapi è inutili che ci dico”, ribatte il boss. Alla fine i magistrati gli chiedono: “Ma se fosse fuori dal carcere parlerebbe?”. Pronta la risposta: “Non lo so, se u sapissi u dicissi”.
Una settimana prima dell’interrogatorio, Provenzano aveva incontrato in carcere i parlamentari Peppe Lumia e Sonia Alfano. E a loro aveva detto: “I mie due figli non devono andare al macello, fatemi parlare con loro e poi sarà la volontà di Dio”. Domani uno dei figli del capomafia, Francesco Paolo Provenzano, verrà interrogato dai pm di Palermo (sia Ingroia che De Francisci hanno lasciato l’indagine per altri incarichi, mentre si fa sempre più concreta l’ipotesi di un impegno politico del primo). Il secondogenito del boss sarà sentito come persona informata sui fatti nell’ambito del fascicolo sul presunto tentato suicidio.
E mentre il legale di Provenzano annuncia che manderà gli atti al Csm e al pg di Cassazione per eventuali provvedimenti contro i due pm, sul piano politico interviene il capogruppo Pdl alla camera Fabrizio Cicchitto: l’annullamento “è l’ulteriore dimostrazione della validità della nostra denuncia per le ripetute violazioni della normativa processuale vigente”. Cicchitto denuncia “la evidente scelta di tirare in ballo la trattativa stato-mafia durante un interrogatorio che si svolgeva in maniera del tutto illegittima”. Da qui le conclusioni: “Basterebbe questo per percepire il clima di inaffidabilità che taluni pm alimentano, a scapito della certezza del diritto e della serenità dei cittadini”.