C’è il disco verde delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato al decreto legislativo che rende operativa la legge anticorruzione sull’incandidabilità alle cariche elettive dei condannati con sentenza passata in giudicato per delitti non colposi.
Il parere favorevole è stato approvato a larghissima maggioranza con il solo voto contrario della Lega. Conterrà anche delle osservazioni che i relatori, i presidenti Carlo Vizzini e Filippo Berselli, metteranno nero su bianco. Se anche le commissioni della Camera dei deputati, che si riuniranno oggi a mezzogiorno, daranno il via libera al decreto l’incandidabilità diventerà operativa prima ancora della formazione delle liste elettorali per le prossime politiche. Senza l’ok delle Camere il governo avrebbe dovuto attendere 60 giorni. Il parere è stato approvato “con osservazioni e non con condizioni pressoché all’unanimita’”, ha sottolineato il presidente Berselli che ha espresso “soddisfazione perché abbiamo dato una risposta immediata”. “In extremis c’è stato almeno uno scatto di dignità” del parlamento ha sottolineato il presidente Carlo Vizzini che molto si è speso per la riforma della legge elettorale che, all’esame del Senato, non è stata poi approvata.
Nelle osservazioni, proposte dal responsabile Giustizia dell’Idv, Luigi Li Gotti, e accolte dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali del Senato, si chiedono al governo sostanzialmente due impegni: ritornare a quanto scritto nella legge delega per quanto riguarda la pena massima dei condannati e cioè tornare ai tre anni, invece che ai quattro proposti dal governo. Come seconda osservazione, si chiede di prevedere “espressamente” la disciplina per quanto riguarda l’interdizione perpetua. Il governo, infatti, nel suo schema di decreto legislativo fa riferimento a quanto già previsto dal codice. “Ma nel codice – spiega Li Gotti – si parla solo di ‘ineleggibilità e non di ‘incandidabilità”, che è cosa ben diversa. Si deve evitare, cioè, che vengano candidate persone che abbiano ricevuto, tra le pene accessorie, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Renderle, invece, candidabili ma non eleggibili, come vorrebbe il governo, consentirebbe comunque di far arrivare questi soggetti in Parlamento per poi farli decadere dopo lungo tempo, considerando quanto ci mette una giunta per l’incandidabilità a convocarsi e a proclamarne la decadenza dal mandato”. “Nello schema di decreto legislativo si dovrebbe quindi intervenire subito su questo fronte” conclude Li Gotti.