Secondo l'Istat gli occupati crescono (soprattutto grazie alla presenza degli immigrati), ma non tra i giovani: gli under 35 senza lavoro sono oltre un milione, cioè uno su 3. Più propense allo studio le donne, ma resta un trend negativo di immatricolazioni degli atenei iniziato nel 2004
I laureati più disoccupati dei diplomati. I senza lavoro tra gli under 35 sono ancora uno su 3. Intanto calano gli iscritti all’università. E’ la fotografia sui giovani italiani dell’Annuario dell’Istat. Il primo dato è che tra coloro che hanno meno di 29 anni il tasso di disoccupazione dei laureati è più elevato rispetto a quello dei diplomati. Ciò dipende dal più recente ingresso nel mercato del lavoro di chi prolunga gli studi, ma anche dalle crescenti difficoltà occupazionali dei giovani, pur con titolo di studio elevato. Nel 2011, infatti, il tasso di disoccupazione tra i 25 e i 29 anni raggiunge per i laureati il 16%, un livello superiore sia a quanto registrato dai diplomati nella stessa fascia d’età (12,6%) sia alla media dei 25-29enni (14,4%). Tuttavia con l’avanzare dell’età chi è in possesso di un titolo accademico recupera il terreno perso a confronto con i diplomati a causa del ritardo dell’entrata sul mercato.
Quindi se si guarda in generale alla disoccupazione per titolo di studio, per il 2011 si conferma il vantaggio relativo ai laureati, che presentano il tasso di disoccupazione più basso (5,4%, in calo di tre decimi di punto rispetto 2010). Per coloro che si sono fermati al diploma il tasso complessivo è invece al 7,8% (10,4% per la licenza di scuola media inferiore e 11,6% per licenza elementare/senza titolo).
In generale in Italia crescono gli occupati, ma non tra i giovani. Sono oltre un milione infatti gli italiani sotto i 35 anni che sono disoccupati. Nel 2011, infatti, si contano 1 milione 128mila persone in cerca di lavoro tra i 15 e i 34 anni. Si tratta di uno su tre con un picco del 40,4% al Sud. Ma l’aumento delle persone occupate, nel complesso è dovuto alla presenza degli stranieri: “Nel 2011 sono 22 milioni e 967mila gli occupati, in aumento, dopo due anni di discesa, di 95mila unità rispetto all’anno precedente. Il risultato complessivo è la sintesi di una riduzione della componente italiana, controbilanciata dall’aumento di quella straniera (+170mila unità). La quota di lavoratori stranieri sul totale degli occupati raggiunge il 9,8% (9,1% nel 2010)”.
Il tasso di disoccupazione nel 2011, spiega l’Istat, resta invariato all’8,4% rispetto all’anno precedente: cresce leggermente al sud, rimane stabile al centro e diminuisce al nord. Resta stabile al 62,2% il tasso di inattività, che per la componente femminile è ancora particolarmente elevato, nonostante il calo registrato nel corso del 2011 (48,5% nel 2011 rispetto a 48,9% di un anno prima), specie nel Mezzogiorno, dove poco più di sei donne ogni dieci in età lavorativa non partecipano al mercato del lavoro.
Gli occupati crescono sia nella fascia di età centrale, fra i 35 e i 54 anni (+143mila), sia soprattutto fra gli over 55 (+151mila). “L’aumento dell’occupazione nelle classi di età più adulte – sottolinea l’Istat – può essere ricondotto ai requisiti sempre più stringenti per accedere alla pensione, che spostano in avanti il momento di uscita dal mercato del lavoro”. Quanto alla posizione professionale, “la crescita degli occupati riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti (+130mila unità), mentre gli indipendenti tornano a ridursi (-0,6%, pari a -36mila unità)”. Il tasso di occupazione e’ al 56,9%, valore ampiamente al di sotto della media Ue (64,3%); quello maschile si attesta al 67,5%, mentre il tasso riferito alle donne si posiziona al 46,5%. Secondo l’Istat “rimangono ampi i divari territoriali, con il tasso di occupazione che al nord è oltre venti punti più elevato di quello dell’area meridionale”.
Tornando ai giovani, sono sempre meno quelli che decidono di iscriversi all’università. Gli iscritti per la prima volta nell’anno accademico 2010/2011 sono circa 288mila, circa 6.400 in meno rispetto all’anno precedente (-2,2%), si conferma quindi il trend negativo delle immatricolazioni iniziato nel 2004/2005. La diminuzione riguarda, in particolare, i corsi di laurea del vecchio ordinamento (-8,6%). A livello di genere, le donne sono più propense degli uomini a proseguire gli studi oltre la scuola secondaria (le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono circa 67 su 100, i diplomati quasi 56), ma anche a portare a termine il percorso accademico. Dei laureati triennali e a ciclo unico (ossia tra coloro che hanno conseguito almeno un titolo di formazione universitaria), il tasso di conseguimento della laurea (laureati venticinquenni) è del 37,8% per le donne contro il 25,5% degli uomini. Fra coloro che hanno concluso percorsi “lunghi” (corsi di durata da quattro a sei anni e delle lauree specialistiche biennali) le laureate sono 22,6 ogni 100 venticinquenni e i laureati 15,1 ogni 100.
Per quanto riguarda le imprese, la struttura produttiva italiana continua ad essere caratterizzata da una larga presenza di micro-imprese (con meno di 10 addetti), rappresentative del 94,8% delle imprese attive. Con riferimento al 2009, l’Istat sottolinea come la dimensione media delle imprese si mantenga stazionaria negli ultimi anni, intorno a un livello, molto basso, di 3,9 addetti per azienda.